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Giuseppe Antonio Petrini (1677–1759), attribuito a - San Poalo
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Giuseppe Antonio Petrini (1677–1759), attribuito a - San Poalo

GIUSEPPE ANTONIO PETRINI [Attribuito a] (Corona-Svizzera, 1677 – 1759) San Poalo Olio su tela, cm. 63 x 50 Dimensioni cornice, cm. 75 x 63 x 5 ca. NOTE: Pubblicazione catalogo opere della collezione Intermidiart. Certificato di Lecita Provenienza. Opera con cornice dorata (difetti): Splendido dipinto antico raffigurante un soggetto iconografico particolarmente diffuso a partire del Seicento e Settecento: San Paolo. Nella nostra iconografia, la venerabile figura è rappresentata assorta nella preghiera con lo sguardo verso lo spettatore e le mani congiunti. Il santo è qui rappresentato come un uomo maturo, con una barba corta chiara e dorata, e con una tunica di color grigio ardesia. La tela, che si fonde con l’area retrostante, neutra dai toni bruniti chiari, dal quale emerge la figura, realizzata con pennellate generose e pastose, piena di impeto e pregna di una luce rigorosa che s’illumina negli incarnati del viso e delle mani. Sia pur interessate da lievi restauri e ossidazione, la tela mostra comunque la sua qualità espressiva, con un carattere naturalistico che suggerisce l'attribuzione ad un artista che soggiornò in nord Italia durante la prima metà del Settecento. Quest’opera raffinata, reca un’attribuzione collezionistica e del mercato antiquario alla mano di Giuseppe Antonio Petrini (Corona-Svizzera, 1677 – 1759), i cui aspetti redazionali e illustrativi, nonché la tipologia del soggetto più volte affrontato in modo analogo, evocano confronti con le opere del citato maestro svizzero, confermando la plausibile attribuzione allo stesso Petrini o alla sua stretta cerchia. Allo stile di questo artista appartengono non solo l'iconografia, ma anche la composizione, i dettagli di stile e di accostamento cromatico, il gusto per il chiaroscuro e l'impianto pittorico, in cui si percepisce il gusto tipico dell'artista. L'opera del pittore è popolata da filosofi, astronomi e geografi, ma anche da personaggi della storia biblica e antica, come nel nostro caso, che formano un’ideale galleria di uomini dotti che osservano i globi terrestri e celesti, oltre che indagano il pensiero umano. Tali dipinti riecheggiano la tradizione del XVII secolo di raffigurare uomini eruditi, lanciata come genere pittorico a sé stante da Jusepe de Ribera. Come è evidente in questa tela, Giuseppe Antonio Petrini rientra nella stirpe di artisti ticinesi che abbracciarono il naturalismo di Caravaggio. L'immediato predecessore del nostro pittore in questo senso è stato Paolo Pagani, e le sue radici più profonde si trovano nell'opera di Giovanni Serodine e Pier Francesco Mola, anche se la scelta delle tonalità e della luce di Petrini rivela la sua predilezione per l'età del Tiepolo. Nato in Canton Ticino, Petrini apprende i primi rudimenti artistici a Genova presso la bottega di Bartolomeo Guidobono (Ratti 1769, p. 144), proseguendo il suo tirocinio a Torino, dove il giovane ha modo di cogliere il fascino delle tenebrose invenzioni di Giovanni Battista Piazzetta, Francesco Solimena e Padre Pozzo visibili nella capitale sabauda, traendone speciale ispirazione per le sue opere raffiguranti santi, profeti e filosofi dell'antichità. Un altro aspetto rilevante per la formazione dell'artista sono gli esempi caravaggeschi del citato Giovanni Serodine e le innovative composizioni di Filippo Abbiati e Paolo Pagani, che gli consentono, specialmente quest'ultimo, di esprimere una cifra stilistica personalissima, prediligendo schemi di immagine rarefatti ma di notevole vigore espressivo e visionaria illuminazione. L'opera in esame testimonia assai bene la tempra artistica qui descritta, che alcuni critici hanno cercato di interpretare chiamando in causa Luca Giordano e, con maggior pertinenza, Pierfrancesco Mola, tuttavia, l'intero corpus di Giuseppe Petrini emana una indiscutibile autonomia creativa e una qualità rara. In merito al suo stato conservativo, la tela si presenta in condizioni generali discreti considerando l'epoca del dipinto. La superficie pittorica si presenta in patina, e non mostra difficoltà di lettura. L'analisi della craquelure indicherebbe una datazione coeva. Sono presenti alcuni restauri sparsi e qualche lieve scrostatura della superficie, ma nulla di veramente rilevante. Non sono presenti problemi di conservazione e la tela originale è supportata da un recente rintelo che non sembra necessitare di restauro. Fine craquelure coerente con l'età del dipinto. Sembra che il telaio sia stato sostituito durante la rintelatura del dipinto. Le misure della tela sono cm. 63 x 50. Il dipinto risulta impreziosita da una bella cornice dorata di epoca recente, con lievi difetti (le misure della cornice sono cm. 75 x 63 x 5 ca.). "La cornice mostrata nelle foto riportate sopra è stata aggiunta all’opera d’arte dal venditore o da un soggetto terzo. La cornice ti viene fornita senza costi aggiuntivi in modo che sia pronta da esporre non appena arriva. La cornice viene inclusa a titolo di cortesia e non è considerata parte integrante dell’opera d’arte. Pertanto, qualsiasi potenziale danno alla cornice che non influisce sull’opera d’arte stessa non sarà accettato come motivo valido per aprire un reclamo o richiedere l’annullamento dell’ordine." PROVENIENZA: Coll. Privata Siciliana PUBBLICAZIONE:  Inedito;  I MITI E IL TERRITORIO nella Sicilia dalle mille culture. INEDITA QUADRERIA catalogo generale dei dipinti della collezione del ciclo “I Miti e il territorio”, Editore Lab_04, Marsala, 2024. Nel caso di vendita al di fuori del territorio italiano, l'acquirente dovrà attendere i tempi di evasione delle pratiche di esportazione.

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Giuseppe Antonio Petrini (1677–1759), attribuito a - San Poalo

Giuseppe Antonio Petrini (1677–1759), attribuito a - San Poalo

GIUSEPPE ANTONIO PETRINI [Attribuito a]
(Corona-Svizzera, 1677 – 1759)
San Poalo
Olio su tela, cm. 63 x 50
Dimensioni cornice, cm. 75 x 63 x 5 ca.


NOTE: Pubblicazione catalogo opere della collezione Intermidiart. Certificato di Lecita Provenienza. Opera con cornice dorata (difetti):

Splendido dipinto antico raffigurante un soggetto iconografico particolarmente diffuso a partire del Seicento e Settecento: San Paolo. Nella nostra iconografia, la venerabile figura è rappresentata assorta nella preghiera con lo sguardo verso lo spettatore e le mani congiunti. Il santo è qui rappresentato come un uomo maturo, con una barba corta chiara e dorata, e con una tunica di color grigio ardesia.
La tela, che si fonde con l’area retrostante, neutra dai toni bruniti chiari, dal quale emerge la figura, realizzata con pennellate generose e pastose, piena di impeto e pregna di una luce rigorosa che s’illumina negli incarnati del viso e delle mani. Sia pur interessate da lievi restauri e ossidazione, la tela mostra comunque la sua qualità espressiva, con un carattere naturalistico che suggerisce l'attribuzione ad un artista che soggiornò in nord Italia durante la prima metà del Settecento.
Quest’opera raffinata, reca un’attribuzione collezionistica e del mercato antiquario alla mano di Giuseppe Antonio Petrini (Corona-Svizzera, 1677 – 1759), i cui aspetti redazionali e illustrativi, nonché la tipologia del soggetto più volte affrontato in modo analogo, evocano confronti con le opere del citato maestro svizzero, confermando la plausibile attribuzione allo stesso Petrini o alla sua stretta cerchia. Allo stile di questo artista appartengono non solo l'iconografia, ma anche la composizione, i dettagli di stile e di accostamento cromatico, il gusto per il chiaroscuro e l'impianto pittorico, in cui si percepisce il gusto tipico dell'artista.
L'opera del pittore è popolata da filosofi, astronomi e geografi, ma anche da personaggi della storia biblica e antica, come nel nostro caso, che formano un’ideale galleria di uomini dotti che osservano i globi terrestri e celesti, oltre che indagano il pensiero umano. Tali dipinti riecheggiano la tradizione del XVII secolo di raffigurare uomini eruditi, lanciata come genere pittorico a sé stante da Jusepe de Ribera.
Come è evidente in questa tela, Giuseppe Antonio Petrini rientra nella stirpe di artisti ticinesi che abbracciarono il naturalismo di Caravaggio. L'immediato predecessore del nostro pittore in questo senso è stato Paolo Pagani, e le sue radici più profonde si trovano nell'opera di Giovanni Serodine e Pier Francesco Mola, anche se la scelta delle tonalità e della luce di Petrini rivela la sua predilezione per l'età del Tiepolo.
Nato in Canton Ticino, Petrini apprende i primi rudimenti artistici a Genova presso la bottega di Bartolomeo Guidobono (Ratti 1769, p. 144), proseguendo il suo tirocinio a Torino, dove il giovane ha modo di cogliere il fascino delle tenebrose invenzioni di Giovanni Battista Piazzetta, Francesco Solimena e Padre Pozzo visibili nella capitale sabauda, traendone speciale ispirazione per le sue opere raffiguranti santi, profeti e filosofi dell'antichità. Un altro aspetto rilevante per la formazione dell'artista sono gli esempi caravaggeschi del citato Giovanni Serodine e le innovative composizioni di Filippo Abbiati e Paolo Pagani, che gli consentono, specialmente quest'ultimo, di esprimere una cifra stilistica personalissima, prediligendo schemi di immagine rarefatti ma di notevole vigore espressivo e visionaria illuminazione. L'opera in esame testimonia assai bene la tempra artistica qui descritta, che alcuni critici hanno cercato di interpretare chiamando in causa Luca Giordano e, con maggior pertinenza, Pierfrancesco Mola, tuttavia, l'intero corpus di Giuseppe Petrini emana una indiscutibile autonomia creativa e una qualità rara.
In merito al suo stato conservativo, la tela si presenta in condizioni generali discreti considerando l'epoca del dipinto. La superficie pittorica si presenta in patina, e non mostra difficoltà di lettura. L'analisi della craquelure indicherebbe una datazione coeva. Sono presenti alcuni restauri sparsi e qualche lieve scrostatura della superficie, ma nulla di veramente rilevante. Non sono presenti problemi di conservazione e la tela originale è supportata da un recente rintelo che non sembra necessitare di restauro. Fine craquelure coerente con l'età del dipinto. Sembra che il telaio sia stato sostituito durante la rintelatura del dipinto. Le misure della tela sono cm. 63 x 50. Il dipinto risulta impreziosita da una bella cornice dorata di epoca recente, con lievi difetti (le misure della cornice sono cm. 75 x 63 x 5 ca.). "La cornice mostrata nelle foto riportate sopra è stata aggiunta all’opera d’arte dal venditore o da un soggetto terzo. La cornice ti viene fornita senza costi aggiuntivi in modo che sia pronta da esporre non appena arriva. La cornice viene inclusa a titolo di cortesia e non è considerata parte integrante dell’opera d’arte. Pertanto, qualsiasi potenziale danno alla cornice che non influisce sull’opera d’arte stessa non sarà accettato come motivo valido per aprire un reclamo o richiedere l’annullamento dell’ordine."

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 I MITI E IL TERRITORIO nella Sicilia dalle mille culture. INEDITA QUADRERIA catalogo generale dei dipinti della collezione del ciclo “I Miti e il territorio”, Editore Lab_04, Marsala, 2024.

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