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Renè Gruau - “ Bemberg”

RENÈ GRUAU BEMBERG Foto originali del prodotto offerto anni 70 Rara Litografia Firmata a mano a matita 48,5 x 68,5 cm. senza numero di copie Presenta pieghe e un po’ di sporco in basso Regalo cornice nuova con vetro 50 x 70 René Gruau Da Wikipedia, René Gruau, pseudonimo di Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate (Rimini, 4 febbraio 1909 – Roma, 31 marzo 2004) è stato un illustratore italiano. Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, figlio del conte Alessandro Zavagli Ricciardelli delle Caminate e della nobile parigina Marie de Gruau de la Chesnaie, visse a Rimini fino all'età di 7 anni, quando i suoi genitori si separarono. Il divorzio ufficiale dei genitori fu seguito con grande scalpore dalla stampa, soprattutto perché Marie de Gruau si affidò ad uno degli avvocati più conosciuti a quel tempo che anziché aiutarla si prese gioco di lei e riuscì a sottrarle la maggior parte dei suoi beni[1]. Affidato alla madre, la sua vita fu scandita in base alle stagioni da trascorrere ognuna in un luogo diverso: estate a Rimini, autunno a Milano, inverno tra Montecarlo e Parigi. Renato nutriva un forte attaccamento per la madre, che lo assecondava nelle sue passioni artistiche, a differenza del padre che preferiva per lui una carriera diplomatica. Tra il 1920 e il 1921 il giovane Renato, spronato dalla madre, fu allievo del pittore riminese Gino Ravaioli, primo e unico suo insegnante di disegno pittorico, con il quale imparò le basi del disegno e coltivò il suo talento. A partire dal 1923, Renato si trasferì a Milano dove cominciò quasi subito a fare del suo talento artistico il suo lavoro, volendo aiutare economicamente la madre. Grazie alle conoscenze di Marie de Gruau, iniziò a lavorare come illustratore di moda per la rivista Lidel. Nei circa dieci anni trascorsi a Milano, l'artista divenne sempre più famoso, ampliando le sue conoscenze e collaborazioni con il mondo della moda. Renato si occupava di disegnare i figurini dei modelli delle varie case di moda, da pubblicare poi sulle riviste del settore. Oltre all'abbigliamento si occupava anche di arredamento e novelle. È tra il 1924 e il 1926 che Renato incominciò ad apporre la firma René Gruau alle sue opere, prendendo quindi il cognome della madre. Agli inizi degli anni trenta, René Gruau si trasferì a Parigi, continuando la sua attività di illustratore e instaurando rapporti lavorativi sempre più rilevanti. Lavorava per riviste come Marianne e Le Figaro, ma anche per numerosi periodici come Chapeaux Mode, Die Dame, Die elegante Welt. Il vero e proprio successo arrivò nel 1937 grazie alla collaborazione con la rivista Fémina, antagonista del Vogue francese. A partire da quel momento ebbero inizio tutte le sue collaborazioni con le più prestigiose case di moda parigine, tra le quali Patou, Lanvin, Lelong, Worth, Piguet, Rochas, Schiaparelli e Cristóbal Balenciaga; ma anche con altre riviste, come Marie Claire, Vogue, L'Officiel de la Couture et de la Mode de Paris, Très Chic. Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, René Gruau conquistò anche il successo internazionale grazie al lavoro presso l'atelier di Christian Dior, un grande amico con il quale condivideva la stessa visione stilistica sulla femminilità, riuscendo così a rappresentare egregiamente lo stile New Look. René amava molto la vita mondana parigina, come lui stesso raccontava: “Erano veramente anni d'oro per la moda. Parigi era una città brillante e straordinaria, c'erano sempre feste e balli. Era un periodo molto chic, io ero diventato improvvisamente molto famoso, mi cercavano da ogni parte, finalmente guadagnavo bene con il mio lavoro. Andavo molto volentieri alle feste”[2]. Il contributo alla moda italiana[modifica | modifica wikitesto] Lidel, il periodico italiano su cui Gruau esordì, abbracciava il progetto di un giornale elegante, colto e mondano che potesse competere con le analoghe testate francesi (anche se la subordinazione alle mode parigine era allora inevitabile). Se da un lato l'illustratore fu in grado di conferire alla testata un respiro internazionale grazie ad ambientazioni dal sapore hollywoodiano, dall'altro seppe garantire un discreto margine di autonomia alle proposte italiane, promuovendo modelli originali e, non di rado, creazioni proprie. Per differenziare la sua vastissima produzione ricorse a vari pseudonimi, tra cui "Veneziani", "San Secondo" e "Borys", cui corrispondevano particolari declinazioni del suo stile[1]. Il successo che raggiunse velocemente gli aprì la strada a importanti collaborazioni, in ambito nazionale, con le riviste Eva, Dea, Donna, Sovrana, Bellezza, per le quali continuò a lavorare anche in seguito al trasferimento a Parigi e nonostante la politica protezionistica varata in Italia dal regime fascista. Se i canoni di bellezza promossi dalla dittatura mussoliniana non intaccarono mai l’eleganza delle sue donne efebiche, le iniziative di promozione di una moda tutta italiana non mancarono di coinvolgere l’artista, il quale, in tali occasioni, si firmava “Renato”. Oltre a disegnare le sfilate della Fiera Campionaria di Milano, partecipò nel 1933 alla “Mostra di figurini” organizzata da varie testate italiane presso la Galleria Il Milione di Milano nell’ambito della rassegna “Esponiamo della moda”. È così che René Gruau divenne una figura di riferimento per gli italiani che desideravano introdursi nel mondo della moda, capace di mantenere aperti i confini culturali tra Francia e Italia pur in periodo di guerra. Si articolava dunque, in assenza di un’industria nazionale della moda sviluppata e dall’immagine consolidata, come quella francese, il tentativo di costituire una prima temporanea identità italiana.

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René Gruau

Da Wikipedia,


René Gruau, pseudonimo di Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate (Rimini, 4 febbraio 1909 – Roma, 31 marzo 2004) è stato un illustratore italiano.



Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, figlio del conte Alessandro Zavagli Ricciardelli delle Caminate e della nobile parigina Marie de Gruau de la Chesnaie, visse a Rimini fino all'età di 7 anni, quando i suoi genitori si separarono. Il divorzio ufficiale dei genitori fu seguito con grande scalpore dalla stampa, soprattutto perché Marie de Gruau si affidò ad uno degli avvocati più conosciuti a quel tempo che anziché aiutarla si prese gioco di lei e riuscì a sottrarle la maggior parte dei suoi beni[1]. Affidato alla madre, la sua vita fu scandita in base alle stagioni da trascorrere ognuna in un luogo diverso: estate a Rimini, autunno a Milano, inverno tra Montecarlo e Parigi. Renato nutriva un forte attaccamento per la madre, che lo assecondava nelle sue passioni artistiche, a differenza del padre che preferiva per lui una carriera diplomatica. Tra il 1920 e il 1921 il giovane Renato, spronato dalla madre, fu allievo del pittore riminese Gino Ravaioli, primo e unico suo insegnante di disegno pittorico, con il quale imparò le basi del disegno e coltivò il suo talento.

A partire dal 1923, Renato si trasferì a Milano dove cominciò quasi subito a fare del suo talento artistico il suo lavoro, volendo aiutare economicamente la madre. Grazie alle conoscenze di Marie de Gruau, iniziò a lavorare come illustratore di moda per la rivista Lidel. Nei circa dieci anni trascorsi a Milano, l'artista divenne sempre più famoso, ampliando le sue conoscenze e collaborazioni con il mondo della moda. Renato si occupava di disegnare i figurini dei modelli delle varie case di moda, da pubblicare poi sulle riviste del settore. Oltre all'abbigliamento si occupava anche di arredamento e novelle. È tra il 1924 e il 1926 che Renato incominciò ad apporre la firma René Gruau alle sue opere, prendendo quindi il cognome della madre.

Agli inizi degli anni trenta, René Gruau si trasferì a Parigi, continuando la sua attività di illustratore e instaurando rapporti lavorativi sempre più rilevanti. Lavorava per riviste come Marianne e Le Figaro, ma anche per numerosi periodici come Chapeaux Mode, Die Dame, Die elegante Welt.

Il vero e proprio successo arrivò nel 1937 grazie alla collaborazione con la rivista Fémina, antagonista del Vogue francese. A partire da quel momento ebbero inizio tutte le sue collaborazioni con le più prestigiose case di moda parigine, tra le quali Patou, Lanvin, Lelong, Worth, Piguet, Rochas, Schiaparelli e Cristóbal Balenciaga; ma anche con altre riviste, come Marie Claire, Vogue, L'Officiel de la Couture et de la Mode de Paris, Très Chic.

Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, René Gruau conquistò anche il successo internazionale grazie al lavoro presso l'atelier di Christian Dior, un grande amico con il quale condivideva la stessa visione stilistica sulla femminilità, riuscendo così a rappresentare egregiamente lo stile New Look. René amava molto la vita mondana parigina, come lui stesso raccontava: “Erano veramente anni d'oro per la moda. Parigi era una città brillante e straordinaria, c'erano sempre feste e balli. Era un periodo molto chic, io ero diventato improvvisamente molto famoso, mi cercavano da ogni parte, finalmente guadagnavo bene con il mio lavoro. Andavo molto volentieri alle feste”[2].

Il contributo alla moda italiana[modifica | modifica wikitesto]

Lidel, il periodico italiano su cui Gruau esordì, abbracciava il progetto di un giornale elegante, colto e mondano che potesse competere con le analoghe testate francesi (anche se la subordinazione alle mode parigine era allora inevitabile). Se da un lato l'illustratore fu in grado di conferire alla testata un respiro internazionale grazie ad ambientazioni dal sapore hollywoodiano, dall'altro seppe garantire un discreto margine di autonomia alle proposte italiane, promuovendo modelli originali e, non di rado, creazioni proprie.

Per differenziare la sua vastissima produzione ricorse a vari pseudonimi, tra cui "Veneziani", "San Secondo" e "Borys", cui corrispondevano particolari declinazioni del suo stile[1].

Il successo che raggiunse velocemente gli aprì la strada a importanti collaborazioni, in ambito nazionale, con le riviste Eva, Dea, Donna, Sovrana, Bellezza, per le quali continuò a lavorare anche in seguito al trasferimento a Parigi e nonostante la politica protezionistica varata in Italia dal regime fascista. Se i canoni di bellezza promossi dalla dittatura mussoliniana non intaccarono mai l’eleganza delle sue donne efebiche, le iniziative di promozione di una moda tutta italiana non mancarono di coinvolgere l’artista, il quale, in tali occasioni, si firmava “Renato”. Oltre a disegnare le sfilate della Fiera Campionaria di Milano, partecipò nel 1933 alla “Mostra di figurini” organizzata da varie testate italiane presso la Galleria Il Milione di Milano nell’ambito della rassegna “Esponiamo della moda”. È così che René Gruau divenne una figura di riferimento per gli italiani che desideravano introdursi nel mondo della moda, capace di mantenere aperti i confini culturali tra Francia e Italia pur in periodo di guerra. Si articolava dunque, in assenza di un’industria nazionale della moda sviluppata e dall’immagine consolidata, come quella francese, il tentativo di costituire una prima temporanea identità italiana.

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