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Tito Livio - Deche di Tito Livio - 1575
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Tito Livio - Deche di Tito Livio - 1575

IN FOLIO CINQUECENTESCO DI GRANDE QUALITA' - IMPORTANTE LEGATURA - COLLECTOR'S COPY Bella ristampa cinquecentesca, in folio, dopo la prima del 1540, di questo celebre volgarizzamento a cura di Iacopo Nardi (1473-1563). Giulio Bernardino Tomitano (1761-1828), celebre bibliofilo, ribadisce l'importanza dell'edizione in una nota manoscritta in cui sostiene che si tratti della "più rara e stimata edizione di Livio". "La più pregevole di tutte" (Paitoni). Traduzione di Jacopo Nardi (nato nel 1476), il "Supplimento della II. deca" di Francesco Turchi, entrambi lodati da Brunet. Edit 16, CNC 34172. Gamba 1480. Poggiali II, 303: "Edizione stimatissima". Haym 19/1. Paitoni II, 213: "La più pregevole di tutte". Cfr. Brunet III, 1112. Cfr. BM-STC Italiano 390. IN VENDITA ONLINE A 2.500 EURO (Una copia di molto inferiore) CONTENTS Nessuna opera storica fu tenuta in maggiore considerazione durante il Rinascimento; la presente edizione rimase per decenni la traduzione italiana più completa. L'opera contiene ciò che è sopravvissuto (ovvero la prima decade, la terza, la quarta e meta della quinta) del monumentale e celeberrimo lavoro intitolato Ab Urbe Condita, originariamente composto di 142 libri dedicati alla storia di Roma, dalla fondazione fino al 9 a.C. Il testo dell'opera è preceduto da una nota rivolta al lettore ove sono spiegati i criteri filologici seguiti nel lavoro di traduzione. Rispetto alla prima del 1540, la presente edizione è arricchita di un ampio indice delle Deche, da una Tavola de Re, et Consoli, da un indice dei Vocaboli Toscani in diversi luoghi usati dal Traduttore e infine da una raccolta Sentenze e Detti Notabili estratti dall'opera di Livio. “È questa la più pregevole edizione di questa niente meno pregevole traduzione (del Nardi), per le aggiunte, promesse nel titolo, e mantenute tutte nel principio del libro" Ab Urbe condita libri CXLII (cioè I 142 libri dalla fondazione della Città, dove "la Città", per antonomasia, è Roma), o semplicemente Ab Urbe condita, in italiano anche Storia di Roma, e talvolta Historiae (ossia Storie), è il titolo, derivato dai codici (vedi Ab Urbe condita), con cui l'autore, lo storico latino Tito Livio, indica l'estensione e l'argomento della sua opera: la storia narrata a partire dalla fondazione di Roma. L'opera comprendeva in origine i 142 libri eponimi, dei quali si sono conservati i libri 1–10 e 21–45 (l'ultimo mutilo) e scarsi frammenti degli altri (celebri quelli relativi alla morte di Cicerone col giudizio di Livio sull'oratore, tramandati da Seneca il Vecchio). Scrivendo la sua opera Livio ritornò alla struttura annalistica tipica della storiografia romana, rifiutando l'impianto monografico delle prime opere di Sallustio (Bellum Catilinae, Bellum Iugurthinum, mentre le incompiute Historiae erano di carattere annalistico, così anche come i celebri "Annales" di Ennio, il poema racconta la storia di Roma appunto "anno per anno" ). La narrazione di ogni impresa si estende per l'arco di un anno, poi è sospesa ed ha inizio la narrazione di altri avvenimenti contemporanei, per l'anno seguente è ripresa la narrazione dei fatti lasciati in sospeso alla fine dell'anno precedente. La narrazione iniziava dalle origini mitiche di Roma, ossia con la fuga di Enea da Troia, e arrivava, col libro 142, alla morte di Druso maggiore, figliastro di Augusto, avvenuta in Germania nel 9 a.C., o forse anche fino alla disfatta di Varo nella selva di Teutoburgo, nel 9 d.C. L'opera, interrotta dalla morte di Livio, probabilmente doveva comprendere 150 libri ed arrivare fino alla morte di Augusto, avvenuta nel 14 d.C. Si sono conservati i libri 1-10 (la "prima decade"), che arrivano fino alla terza guerra sannitica (293 a.C.) e i libri 21-45 (terza e quarta "decade" e metà della quinta), che coprono gli avvenimenti dalla seconda guerra punica (218 a.C.) fino al termine della guerra contro la Macedonia, nel 167 a.C. Dei libri perduti si sono conservate (tranne che per i libri 136 e 137) le Perìochae, brevi riassunti composti fra il III e il IV secolo, forse sulla base di precedenti epitomi (compendi) dell'opera liviana. La perdita di vaste parti dell'opera è probabilmente dovuta alla sua suddivisione in gruppi separati di libri, che andarono incontro a diverse vicende. Alla divisione in decadi si fa cenno per la prima volta verso la fine del V secolo, ma la presenza di un proemio in apertura della terza decade (seconda guerra punica) fa pensare che la suddivisione in decadi rispecchi le fasi della pubblicazione dell'opera da parte dello stesso Livio, che pubblicò l'opera per gruppi di libri comprendenti periodi distinti e premettendo dichiarazioni introduttive ad alcuni dei libri che aprivano un nuovo ciclo. Come molti dei precedenti storici latini, Livio dilata l'ampiezza della propria narrazione man mano che si avvicina alla propria epoca, per soddisfare le attese dei lettori, interessati soprattutto alla narrazione della crisi politico-sociale dalla quale era emerso il principato augusteo. A tale interesse del pubblico allude Livio nella praefatio generale all'opera. Le fonti utilizzate da Livio per la prima decade, contenente la storia più antica di Roma, furono gli annalisti, specialmente quelli meno antichi come Claudio Quadrigario, Valerio Anziate, Elio Tuberone e Licinio Macro (per alcune descrizioni particolari tenne forse presente addirittura il poema epico di Ennio), mentre per le decadi successive, in cui veniva narrata l'espansione di Roma in Oriente, agli annalisti romani affiancò il grande storico greco Polibio, dal quale Livio attinse soprattutto la visione unitaria del mondo mediterraneo; sporadico pare l'uso delle Origines di Catone. CONDITION REPORT - COLLECTOR'S COPY Marca tipografica al frontespizio, iniziali e fregi xilografici lievi gore d'acqua e bruniture. Bellissima legatura in piena pelle marmorizzata del XVIII secolo, titolo su tassello e decori in oro al dorso, tagli blu, sguardie decorate, mancanza all'angolo della corona superiore, altrimenti perfetta. FULL TITLES & AUTHORS Deche di Tito Livio padovano delle Historie Romane, già tradotte da M. Iacopo Nardi cittadino fiorentino et hora oltre qyuello che è nella seguente faccia notato, rivedute, corrette, accresciute de' sommarii a ciascun libro & degli anni delle città, nelle margini d'esso, & del supplemento della seconda deca, da M. Francesco Turchi, Trevigiano. In Venetia, nella Stamperia de Giunti, 1575. Tito Livio

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Bella ristampa cinquecentesca, in folio, dopo la prima del 1540, di questo celebre volgarizzamento a cura di Iacopo Nardi (1473-1563). Giulio Bernardino Tomitano (1761-1828), celebre bibliofilo, ribadisce l'importanza dell'edizione in una nota manoscritta in cui sostiene che si tratti della "più rara e stimata edizione di Livio".
"La più pregevole di tutte" (Paitoni). Traduzione di Jacopo Nardi (nato nel 1476), il "Supplimento della II. deca" di Francesco Turchi, entrambi lodati da Brunet.
Edit 16, CNC 34172. Gamba 1480. Poggiali II, 303: "Edizione stimatissima". Haym 19/1. Paitoni II, 213: "La più pregevole di tutte". Cfr. Brunet III, 1112. Cfr. BM-STC Italiano 390.
IN VENDITA ONLINE A 2.500 EURO (Una copia di molto inferiore)

CONTENTS
Nessuna opera storica fu tenuta in maggiore considerazione durante il Rinascimento; la presente edizione rimase per decenni la traduzione italiana più completa.
L'opera contiene ciò che è sopravvissuto (ovvero la prima decade, la terza, la quarta e meta della quinta) del monumentale e celeberrimo lavoro intitolato Ab Urbe Condita, originariamente composto di 142 libri dedicati alla storia di Roma, dalla fondazione fino al 9 a.C.
Il testo dell'opera è preceduto da una nota rivolta al lettore ove sono spiegati i criteri filologici seguiti nel lavoro di traduzione. Rispetto alla prima del 1540, la presente edizione è arricchita di un ampio indice delle Deche, da una Tavola de Re, et Consoli, da un indice dei Vocaboli Toscani in diversi luoghi usati dal Traduttore e infine da una raccolta Sentenze e Detti Notabili estratti dall'opera di Livio. “È questa la più pregevole edizione di questa niente meno pregevole traduzione (del Nardi), per le aggiunte, promesse nel titolo, e mantenute tutte nel principio del libro"

Ab Urbe condita libri CXLII (cioè I 142 libri dalla fondazione della Città, dove "la Città", per antonomasia, è Roma), o semplicemente Ab Urbe condita, in italiano anche Storia di Roma, e talvolta Historiae (ossia Storie), è il titolo, derivato dai codici (vedi Ab Urbe condita), con cui l'autore, lo storico latino Tito Livio, indica l'estensione e l'argomento della sua opera: la storia narrata a partire dalla fondazione di Roma. L'opera comprendeva in origine i 142 libri eponimi, dei quali si sono conservati i libri 1–10 e 21–45 (l'ultimo mutilo) e scarsi frammenti degli altri (celebri quelli relativi alla morte di Cicerone col giudizio di Livio sull'oratore, tramandati da Seneca il Vecchio).
Scrivendo la sua opera Livio ritornò alla struttura annalistica tipica della storiografia romana, rifiutando l'impianto monografico delle prime opere di Sallustio (Bellum Catilinae, Bellum Iugurthinum, mentre le incompiute Historiae erano di carattere annalistico, così anche come i celebri "Annales" di Ennio, il poema racconta la storia di Roma appunto "anno per anno" ). La narrazione di ogni impresa si estende per l'arco di un anno, poi è sospesa ed ha inizio la narrazione di altri avvenimenti contemporanei, per l'anno seguente è ripresa la narrazione dei fatti lasciati in sospeso alla fine dell'anno precedente.

La narrazione iniziava dalle origini mitiche di Roma, ossia con la fuga di Enea da Troia, e arrivava, col libro 142, alla morte di Druso maggiore, figliastro di Augusto, avvenuta in Germania nel 9 a.C., o forse anche fino alla disfatta di Varo nella selva di Teutoburgo, nel 9 d.C. L'opera, interrotta dalla morte di Livio, probabilmente doveva comprendere 150 libri ed arrivare fino alla morte di Augusto, avvenuta nel 14 d.C. Si sono conservati i libri 1-10 (la "prima decade"), che arrivano fino alla terza guerra sannitica (293 a.C.) e i libri 21-45 (terza e quarta "decade" e metà della quinta), che coprono gli avvenimenti dalla seconda guerra punica (218 a.C.) fino al termine della guerra contro la Macedonia, nel 167 a.C. Dei libri perduti si sono conservate (tranne che per i libri 136 e 137) le Perìochae, brevi riassunti composti fra il III e il IV secolo, forse sulla base di precedenti epitomi (compendi) dell'opera liviana. La perdita di vaste parti dell'opera è probabilmente dovuta alla sua suddivisione in gruppi separati di libri, che andarono incontro a diverse vicende.

Alla divisione in decadi si fa cenno per la prima volta verso la fine del V secolo, ma la presenza di un proemio in apertura della terza decade (seconda guerra punica) fa pensare che la suddivisione in decadi rispecchi le fasi della pubblicazione dell'opera da parte dello stesso Livio, che pubblicò l'opera per gruppi di libri comprendenti periodi distinti e premettendo dichiarazioni introduttive ad alcuni dei libri che aprivano un nuovo ciclo. Come molti dei precedenti storici latini, Livio dilata l'ampiezza della propria narrazione man mano che si avvicina alla propria epoca, per soddisfare le attese dei lettori, interessati soprattutto alla narrazione della crisi politico-sociale dalla quale era emerso il principato augusteo.

A tale interesse del pubblico allude Livio nella praefatio generale all'opera. Le fonti utilizzate da Livio per la prima decade, contenente la storia più antica di Roma, furono gli annalisti, specialmente quelli meno antichi come Claudio Quadrigario, Valerio Anziate, Elio Tuberone e Licinio Macro (per alcune descrizioni particolari tenne forse presente addirittura il poema epico di Ennio), mentre per le decadi successive, in cui veniva narrata l'espansione di Roma in Oriente, agli annalisti romani affiancò il grande storico greco Polibio, dal quale Livio attinse soprattutto la visione unitaria del mondo mediterraneo; sporadico pare l'uso delle Origines di Catone.

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Marca tipografica al frontespizio, iniziali e fregi xilografici lievi gore d'acqua e bruniture. Bellissima legatura in piena pelle marmorizzata del XVIII secolo, titolo su tassello e decori in oro al dorso, tagli blu, sguardie decorate, mancanza all'angolo della corona superiore, altrimenti perfetta.

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Deche di Tito Livio padovano delle Historie Romane, già tradotte da M. Iacopo Nardi cittadino fiorentino et hora oltre qyuello che è nella seguente faccia notato, rivedute, corrette, accresciute de' sommarii a ciascun libro & degli anni delle città, nelle margini d'esso, & del supplemento della seconda deca, da M. Francesco Turchi, Trevigiano.
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