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Scuola Veneta (XVIII) - Giuseppe venduto dai fratelli
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Scuola Veneta (XVIII) - Giuseppe venduto dai fratelli

Scuola Veneta, XVIII secolo Giuseppe venduto dai suoi fratelli Olio su tela, cm 98 x 125 Con cornice, cm 113 x 149,5 Come narra il racconto biblico (Gen37,25-27 e Gen39,1-2), Giacobbe non si trattenne dal preferire, tra i numerosi figli, il primogenito dell’amata moglie Rachele, Giuseppe. Accecati dall’invidia e dall’evidente maggiore senno del giovane, i fratelli risolsero di venderlo nel deserto e di indurre il padre a credere che Giuseppe fosse morto. Secondo i differenti passi biblici, Giuseppe venne ceduto ai Madianiti oppure agli Ismaeliti, per poi comunque giungere nelle mani di Putifarre, il generale delle guardie del faraone. Nel presente dipinto si figura l’istante in cui un fratello maggiore, poggiata una mano sulla spalla del piccolo Giuseppe, riceve soddisfatto le monete dal compratore, stando a quanto narrato venti sicli d’argento. Se la matrice veneta di Pietro della Vecchia si riflette nel profilo del commerciante sulla destra rivestito del classico copricapo rosso allora invalso nei territori della laguna per rappresentare soggetti provenienti da territori ritenuti esotici, pure è al contesto di Giovanni Battista Piazzetta e alla sua cerchia che occorre ravvedere le maggiori somiglianze. Erede della corrente dei cosiddetti pittori tenebrosi, tra i quali rientravano da lunga data Zanchi, Loth e Langetti, il Piazzetta (1683-1754) accostò ben presto il puro chiaroscuro d’effetto per abbracciare una rinascita del luminismo neoveonesiano. Approdato a Bologna quando ancora fresco e malleabile di studi, l’artista si accostò alle opere dei Carracci e del Guercino, riconoscendo in Giuseppe Maria Crespi l’ispirazione per il superamento del tenebrismo. Nominato socio dell’Accademia Clementina, Piazzetta fece ritorno nella capitale della Serenissima, divenendo direttore dell’Accademia di Pittura. Partito nel 1716 per Vienna, la sua fama crebbe talmente che Francesco Algarotti presente a Venezia nel 1742 lo rammentò tra i pittori scelti da Augusto III di Sassonia per la decorazione della Galleria Reale di Dresda insieme a Tiepolo, Amigoni e Zuccarelli. Alcune somiglianze tra il dipinto e in esame e scelti particolari di significative opere del Piazzetta consentono di avvicinare il presente alla scia della sua bottega, prolifica e debitrice delle soluzioni veneziane più lungamente apprezzate dai committenti religiosi richiedenti uno smorzato pietismo. Lo stesso San Luca piazzettesco, così come oggi ci è tramandato da un’incisione di Marco Pitteri, potrebbe fornire un prototipo per l’assorto fratello di Giuseppe con il capo calcato da turbante. Una simile composizione ricorre invece nelle tele con Susanna (Palazzo degli Uffizi, Galleria degli Uffizi, Firenze) e i vecchioni e Cena in Emmaus (The Cleveland Museum of Art, Cleveland), come pure fanno i successivi allievi dell’artista quali Antonio Marinetti detto Chiozzotto (1719-1796), entrato nella sua bottega attorno agli anni Quaranta (si consideri il suo San Girolamo, di pertinenza di un ente religioso di Chioggia) nonché Antonio Fumiani, con il Cristo rimprovera i figli di Zebedeo di collezione privata. La cornice è fornita in omaggio, di conseguenza non può essere motivo di reso o reclamo. Per i dipinti acquistati all'estero: dopo il pagamento verrà avviata la procedura per ottenere la licenza di esportazione (ALC). Tutti i pezzi d'antiquariato inviati all'estero dall'Italia hanno bisogno di questo documento, rilasciato dal Ministro dei Beni Culturali. La procedura potrebbe richiedere da 3 a 5 settimane dalla richiesta, quindi, non appena avremo il documento verrà spedito il dipinto.

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Scuola Veneta, XVIII secolo
Giuseppe venduto dai suoi fratelli
Olio su tela, cm 98 x 125
Con cornice, cm 113 x 149,5

Come narra il racconto biblico (Gen37,25-27 e Gen39,1-2), Giacobbe non si trattenne dal preferire, tra i numerosi figli, il primogenito dell’amata moglie Rachele, Giuseppe. Accecati dall’invidia e dall’evidente maggiore senno del giovane, i fratelli risolsero di venderlo nel deserto e di indurre il padre a credere che Giuseppe fosse morto. Secondo i differenti passi biblici, Giuseppe venne ceduto ai Madianiti oppure agli Ismaeliti, per poi comunque giungere nelle mani di Putifarre, il generale delle guardie del faraone. Nel presente dipinto si figura l’istante in cui un fratello maggiore, poggiata una mano sulla spalla del piccolo Giuseppe, riceve soddisfatto le monete dal compratore, stando a quanto narrato venti sicli d’argento.
Se la matrice veneta di Pietro della Vecchia si riflette nel profilo del commerciante sulla destra rivestito del classico copricapo rosso allora invalso nei territori della laguna per rappresentare soggetti provenienti da territori ritenuti esotici, pure è al contesto di Giovanni Battista Piazzetta e alla sua cerchia che occorre ravvedere le maggiori somiglianze.
Erede della corrente dei cosiddetti pittori tenebrosi, tra i quali rientravano da lunga data Zanchi, Loth e Langetti, il Piazzetta (1683-1754) accostò ben presto il puro chiaroscuro d’effetto per abbracciare una rinascita del luminismo neoveonesiano. Approdato a Bologna quando ancora fresco e malleabile di studi, l’artista si accostò alle opere dei Carracci e del Guercino, riconoscendo in Giuseppe Maria Crespi l’ispirazione per il superamento del tenebrismo. Nominato socio dell’Accademia Clementina, Piazzetta fece ritorno nella capitale della Serenissima, divenendo direttore dell’Accademia di Pittura. Partito nel 1716 per Vienna, la sua fama crebbe talmente che Francesco Algarotti presente a Venezia nel 1742 lo rammentò tra i pittori scelti da Augusto III di Sassonia per la decorazione della Galleria Reale di Dresda insieme a Tiepolo, Amigoni e Zuccarelli.
Alcune somiglianze tra il dipinto e in esame e scelti particolari di significative opere del Piazzetta consentono di avvicinare il presente alla scia della sua bottega, prolifica e debitrice delle soluzioni veneziane più lungamente apprezzate dai committenti religiosi richiedenti uno smorzato pietismo. Lo stesso San Luca piazzettesco, così come oggi ci è tramandato da un’incisione di Marco Pitteri, potrebbe fornire un prototipo per l’assorto fratello di Giuseppe con il capo calcato da turbante. Una simile composizione ricorre invece nelle tele con Susanna (Palazzo degli Uffizi, Galleria degli Uffizi, Firenze) e i vecchioni e Cena in Emmaus (The Cleveland Museum of Art, Cleveland), come pure fanno i successivi allievi dell’artista quali Antonio Marinetti detto Chiozzotto (1719-1796), entrato nella sua bottega attorno agli anni Quaranta (si consideri il suo San Girolamo, di pertinenza di un ente religioso di Chioggia) nonché
Antonio Fumiani, con il Cristo rimprovera i figli di Zebedeo di collezione privata.

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