N. 17405761

Venduti
Motom - 48 - 50 cc - 1960
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320 settimane fa

Motom - 48 - 50 cc - 1960

Da restaurare , con documenti originali dell'epoca Sito a Roma - Italia Cenni Storici: Fu nel 1947 che venne presentato il primo prototipo, al Salone di Ginevra. Il nome era “Motomic” e la Casa madre risultava registrata in Svizzera per ragioni meramente fiscali ma anche di marketing: nell’immaginario collettivo la Svizzera, terra di orologi precisissimi e della meccanica fine, nonché di celebri marchi motociclistici dalla meccanica estremamente raffinata ed oggi dimenticati come Motosacoche e Moto Reve, era a quel tempo la sede ideale per un prodotto che voleva distinguersi dalla concorrenza per qualità e raffinatezza. La produzione vera e propria, tuttavia, avveniva in Brianza: perché, al di là di tutto, il Motom era italiano, italianissimo. Il motore, già a valvole in testa in un’epoca in cui ancora predominavano le valvole laterali, aveva una potenza di 1,4 cavalli, sufficienti a proiettare il ciclomotore a quasi settanta chilometri all’ora. Il peso in totale non superava i trentacinque chili e la produzione, che oltrepassò le seicentomila unità, s’estese dal ’47 al ’70. Eccezionali i consumi: i settanta chilometri con un litro erano facilmente a portata di mano, esattamente come i tanti “micromotori” che a quel tempo s’applicavano alle biciclette ma che non regalavano certo le medesime prestazioni. Il Motom (così chiamato dall’unione delle parole “moto” ed “atomo”, perché a quel tempo l’energia atomica rappresentava l’ultima frontiera e dava un’impressione di grande modernità) fu una delle icone dell’Italia del Secondo Dopoguerra insieme ai Moto Guzzi Guzzino e Galletto, alla Piaggio Vespa, alla Gilera 150, al SIATA/Ducati Cucciolo, al Garelli Mosquito o alla Innocenti Lambretta. Tutti mezzi celebri, celeberrimi, di cui ci occuperemo nelle prossime puntate: in questa c’è sembrato opportuno concedere un doveroso spazio al motorino che sembrava una vera moto e che ha sollevato dalla “schiavitù del pedale” milioni d’italiani.

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Da restaurare , con documenti originali dell'epoca

Sito a Roma - Italia

Cenni Storici:

Fu nel 1947 che venne presentato il primo prototipo, al Salone di Ginevra. Il nome era “Motomic” e la Casa madre risultava registrata in Svizzera per ragioni meramente fiscali ma anche di marketing: nell’immaginario collettivo la Svizzera, terra di orologi precisissimi e della meccanica fine, nonché di celebri marchi motociclistici dalla meccanica estremamente raffinata ed oggi dimenticati come Motosacoche e Moto Reve, era a quel tempo la sede ideale per un prodotto che voleva distinguersi dalla concorrenza per qualità e raffinatezza. La produzione vera e propria, tuttavia, avveniva in Brianza: perché, al di là di tutto, il Motom era italiano, italianissimo.

Il motore, già a valvole in testa in un’epoca in cui ancora predominavano le valvole laterali, aveva una potenza di 1,4 cavalli, sufficienti a proiettare il ciclomotore a quasi settanta chilometri all’ora. Il peso in totale non superava i trentacinque chili e la produzione, che oltrepassò le seicentomila unità, s’estese dal ’47 al ’70. Eccezionali i consumi: i settanta chilometri con un litro erano facilmente a portata di mano, esattamente come i tanti “micromotori” che a quel tempo s’applicavano alle biciclette ma che non regalavano certo le medesime prestazioni.

Il Motom (così chiamato dall’unione delle parole “moto” ed “atomo”, perché a quel tempo l’energia atomica rappresentava l’ultima frontiera e dava un’impressione di grande modernità) fu una delle icone dell’Italia del Secondo Dopoguerra insieme ai Moto Guzzi Guzzino e Galletto, alla Piaggio Vespa, alla Gilera 150, al SIATA/Ducati Cucciolo, al Garelli Mosquito o alla Innocenti Lambretta. Tutti mezzi celebri, celeberrimi, di cui ci occuperemo nelle prossime puntate: in questa c’è sembrato opportuno concedere un doveroso spazio al motorino che sembrava una vera moto e che ha sollevato dalla “schiavitù del pedale” milioni d’italiani.

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