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Joannes Hermans detto Monsù Aurora (1630-1677) - Natura morta con cacciagione
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Joannes Hermans detto Monsù Aurora (1630-1677) - Natura morta con cacciagione

Joannes Hermans detto Monsù Aurora (1630-1677) Natura morta con cacciagione Olio su tela, cm 83 x 101 Con cornice, cm 94 x 113 La tipologia di natura morta avente come soggetti animali da cacciagione trae le sue origini da un altro tipo di pittura, ovvero quella delle scene di caccia. La caccia era un esercizio praticato ad esclusiva dei ceti aristocratici che consideravano l’arte venatoria un vero e proprio “otium” oltre che occasione di intrattenere incontri mondani ed esercizio educativo per i giovani delle classi più nobili. Con i pittori Antonio Tempesta (1555-1630) e Giovanni Stradano (1523-1605) dalla fine del Cinquecento ha un forte seguito la pittura di scene di caccia (al nono posto nella graduatoria dei generi pittorici stilata dal Giustiniani) da cui deriva dagli anni Quaranta del Seicento la pittura di nature morte di animali e cacciagioni. Il successo di questa tipologia di opere, dove la raffigurazione oggettiva di animali non deriva da un intento scientifico o tassonomico ma di pura creazione artistica, lo si deve al costante confronto che avviene a Roma fra artisti italiani e fiamminghi, fra i quali si annovera proprio Johannes Hermans anche conosciuto come Monsù Aurora, nato ad Anversa nel 1630 ma del quale è nota soltanto la sua attività a Roma. Egli fu artista molto stimato da collezionisti importanti come i Colonna, i Corsini, gli Imperiali e soprattutto i Pamphilj. In particolare, un documento attesta che nel 1657 Camillo Pamphili commissiona trentotto dipinti raffiguranti nature morte di animali, cacciagioni e scene di caccia proprio a Monsù Aurora, alcune delle quali oggi sono ancora ammirabili presso la Galleria Doria Pamphilj come ad esempio: Le Pernici, i Ciuffolotti, Anatre Selvatiche; Anatre Assalite da Cani, Allestimento lussuoso con furto di dolciumi, Cacciagione e Uccelli nel sottobosco. La coppia di nature morte con cacciagione qui analizzate espongono uccelli morti (si identificano da una parte soprattutto quaglie e anatre, dall’altra galline e rondoni) posati direttamente sul tavolo ed entro ceste di vimini, raffigurati con estrema oggettività e freddezza. Si noti in tal senso la disposizione dei corpi senza vita riversi e il collo abbandonato sul bordo della tavola e l’esaltazione tramite la trama pittorica del loro piumaggio. le due tele rivelano come altre opere di questo genere e dello stesso artista, subiscano le influenze derivate da Jan Fyt, Pieter Boel e Monsù Nicasio.

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Joannes Hermans detto Monsù Aurora (1630-1677)
Natura morta con cacciagione
Olio su tela, cm 83 x 101
Con cornice, cm 94 x 113


La tipologia di natura morta avente come soggetti animali da cacciagione trae le sue origini da un altro tipo di pittura, ovvero quella delle scene di caccia. La caccia era un esercizio praticato ad esclusiva dei ceti aristocratici che consideravano l’arte venatoria un vero e proprio “otium” oltre che occasione di intrattenere incontri mondani ed esercizio educativo per i giovani delle classi più nobili. Con i pittori Antonio Tempesta (1555-1630) e Giovanni Stradano (1523-1605) dalla fine del Cinquecento ha un forte seguito la pittura di scene di caccia (al nono posto nella graduatoria dei generi pittorici stilata dal Giustiniani) da cui deriva dagli anni Quaranta del Seicento la pittura di nature morte di animali e cacciagioni.
Il successo di questa tipologia di opere, dove la raffigurazione oggettiva di animali non deriva da un intento scientifico o tassonomico ma di pura creazione artistica, lo si deve al costante confronto che avviene a Roma fra artisti italiani e fiamminghi, fra i quali si annovera proprio Johannes Hermans anche conosciuto come Monsù Aurora, nato ad Anversa nel 1630 ma del quale è nota soltanto la sua attività a Roma.
Egli fu artista molto stimato da collezionisti importanti come i Colonna, i Corsini, gli Imperiali e soprattutto i Pamphilj. In particolare, un documento attesta che nel 1657 Camillo Pamphili commissiona trentotto dipinti raffiguranti nature morte di animali, cacciagioni e scene di caccia proprio a Monsù Aurora, alcune delle quali oggi sono ancora ammirabili presso la Galleria Doria Pamphilj come ad esempio: Le Pernici, i Ciuffolotti, Anatre Selvatiche; Anatre Assalite da Cani, Allestimento lussuoso con furto di dolciumi, Cacciagione e Uccelli nel sottobosco.
La coppia di nature morte con cacciagione qui analizzate espongono uccelli morti (si identificano da una parte soprattutto quaglie e anatre, dall’altra galline e rondoni) posati direttamente sul tavolo ed entro ceste di vimini, raffigurati con estrema oggettività e freddezza. Si noti in tal senso la disposizione dei corpi senza vita riversi e il collo abbandonato sul bordo della tavola e l’esaltazione tramite la trama pittorica del loro piumaggio. le due tele rivelano come altre opere di questo genere e dello stesso artista, subiscano le influenze derivate da Jan Fyt, Pieter Boel e Monsù Nicasio.

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