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Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) - filigrana giglio - Tom.IV tavola XXVII - Uno de’ Frammenti dell'antica pianta di Roma conservati nel
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Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) - filigrana giglio - Tom.IV tavola XXVII - Uno de’ Frammenti dell'antica pianta di Roma conservati nel

Incisione tratta dalla suntuosa opera del Piranesi "Le antichità Romane" edizione romana Acquaforte su carta vergellata pesante con filigrana "fiore di giglio racchiuso in doppio cerchio sormontato da lettere "B". Ottima inchiostratura e buono stato di conservazione, lievi tracce di fioriture e bruniture. Foglio integro con margini originari. Piega verticale al centro con residuo di brachetta cartacea con filigrana e segni visibili di legatura. Spedizione ASSICURATA corriere UPS\Posta. Provenienza collezione privata. Misure: 545 mm x 775ca (foglio) Giovanni Battista Piranesi, detto anche Giambattista (Mogliano Veneto, 4 ottobre 1720 – Roma, 9 novembre 1778), è stato un incisore, architetto e teorico dell'architettura italiano. Le sue tavole incise, segnate da un'intonazione e una grafica drammatiche, appaiono improntate ad un'idea di dignità e magnificenza tutta romana, espressa attraverso la grandiosità e l'isolamento degli elementi architettonici, in modo da pervenire a un sublime sentimento di grandezza del passato antico, pur segnato da inesorabile abbandono. Giovanni Battista Piranesi nacque il 4 ottobre 1720 da Angelo e da Laura Lucchesi, e fu battezzato l'8 ottobre nella parrocchia di San Moisè a Venezia. Non è supportata da documenti la tradizione che nacque a Mogliano, Veneto: i genitori abitavano in Corte Barozzi a Venezia. Venne introdotto allo studio dell'architettura dal padre, esperto tagliapietre e capomastro, e dallo zio materno Matteo Lucchesi, magistrato alle acque della Serenissima e amante dell'antico sui modelli di Andrea Palladio e di Vitruvio; dal colto fratello Angelo, frate domenicano, trasse invece una certa padronanza della lingua latina e il duraturo amore per Tito Livio e la storia di Roma. Dopo una controversia con lo zio, il giovane Giovanni Battista continuò la propria formazione con Giovanni Scalfarotto, anch'egli architetto orientato verso un gusto che già preannuncia il neoclassicismo; frequentò, inoltre, la bottega di Carlo Zucchi. Nel 1740 Piranesi, divenuto consapevole delle scarse possibilità lavorative che gli avrebbe offerto la capitale veneta, decise di lasciare la propria terra patria e di trasferirsi a Roma, partecipando in qualità di disegnatore alla spedizione diplomatica del nuovo ambasciatore della Serenissima Francesco Venier. Partito il 9 settembre, arrivò nell'Urbe entro il mese, all'età di soli venti anni, ottenendo un alloggio presso palazzo Venezia. Rivelando ben presto le proprie attitudini da disegnatore, dopo l'iniziale apprendistato con i pittori-scenografi Domenico e Giuseppe Valeriani e con Giovanni Battista Nolli, intorno al 1742 il Piranesi apprese i rudimenti dell'acquaforte sotto la guida di Giuseppe Vasi, titolare di una bottega calcografica che al tempo godeva a Roma di una certa popolarità. Sempre nell'Urbe, inoltre, Piranesi ebbe modo di stringersi in affettuosa amicizia con il conterraneo Antonio Corradini, con cui intorno al 1743 si recò a Napoli per studiare l'arte barocca e visitare gli scavi archeologici di Ercolano. Ben presto Piranesi iniziò a palesare un commosso entusiasmo davanti allo spettacolo delle «parlanti ruine» dei Fori Imperiali, «che di simili non arrivai di potermene mai formare sopra i disegni, benché accuratissimi che di queste stesse ha fatto l’immortale Palladio, che io pur sempre mi teneva inanzi agli occhi». Questo interesse per le antichità romane è attestato dall'esecuzione nel 1743 della Prima parte di architetture e prospettive inventate e incise da Gio. Batta Piranesi architetto veneziano; per realizzare questa raccolta di dodici tavole, dove già si impone per le sue notevoli capacità tecniche, Piranesi si consultò con la ricca biblioteca di Nicola Giobbe, per intercessione del quale riuscì anche ad entrare in contatto con Luigi Vanvitelli e Nicola Salvi. Piranesi effettuò un primo bilancio della sua carriera artistica tra il 1744 e il 1747, quando spinto dalla mancanza di riconoscimenti e dalle pressanti condizioni economiche fece temporaneamente ritorno a Venezia. In questo soggiorno, peraltro scarsamente documentato, Piranesi probabilmente volle riflettere su quanto appena compiuto dal punto di vista artistico, anche in vista di scelte future: fu, inoltre, in rapporto con Giovan Battista Tiepolo e con il Canaletto, i quali lasciarono un'impronta profonda sulla sua fantasia. Alla fine, il Piranesi decise di dedicarsi al mestiere di incisore e di stabilirsi definitivamente a Roma, aprendo bottega propria a via del Corso, di fronte all'Accademia di Francia:[1] si trattò di una scelta ben meditata, come osservato dallo studioso Henri Focillon che commentò: Accetta volutamente di essere un incisore perché capisce di poter realizzare così le sue ambizioni di architetto, archeologo e pittore.

Nr. 77260261

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Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) - filigrana giglio - Tom.IV tavola XXVII - Uno de’ Frammenti dell'antica pianta di Roma conservati nel

Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) - filigrana giglio - Tom.IV tavola XXVII - Uno de’ Frammenti dell'antica pianta di Roma conservati nel

Incisione tratta dalla suntuosa opera del Piranesi "Le antichità Romane" edizione romana

Acquaforte su carta vergellata pesante con filigrana "fiore di giglio racchiuso in doppio cerchio sormontato da lettere "B". Ottima inchiostratura e buono stato di conservazione, lievi tracce di fioriture e bruniture. Foglio integro con margini originari. Piega verticale al centro con residuo di brachetta cartacea con filigrana e segni visibili di legatura. Spedizione ASSICURATA corriere UPS\Posta. Provenienza collezione privata.

Misure: 545 mm x 775ca (foglio)

Giovanni Battista Piranesi, detto anche Giambattista (Mogliano Veneto, 4 ottobre 1720 – Roma, 9 novembre 1778), è stato un incisore, architetto e teorico dell'architettura italiano.

Le sue tavole incise, segnate da un'intonazione e una grafica drammatiche, appaiono improntate ad un'idea di dignità e magnificenza tutta romana, espressa attraverso la grandiosità e l'isolamento degli elementi architettonici, in modo da pervenire a un sublime sentimento di grandezza del passato antico, pur segnato da inesorabile abbandono.

Giovanni Battista Piranesi nacque il 4 ottobre 1720 da Angelo e da Laura Lucchesi, e fu battezzato l'8 ottobre nella parrocchia di San Moisè a Venezia. Non è supportata da documenti la tradizione che nacque a Mogliano, Veneto: i genitori abitavano in Corte Barozzi a Venezia. Venne introdotto allo studio dell'architettura dal padre, esperto tagliapietre e capomastro, e dallo zio materno Matteo Lucchesi, magistrato alle acque della Serenissima e amante dell'antico sui modelli di Andrea Palladio e di Vitruvio; dal colto fratello Angelo, frate domenicano, trasse invece una certa padronanza della lingua latina e il duraturo amore per Tito Livio e la storia di Roma. Dopo una controversia con lo zio, il giovane Giovanni Battista continuò la propria formazione con Giovanni Scalfarotto, anch'egli architetto orientato verso un gusto che già preannuncia il neoclassicismo; frequentò, inoltre, la bottega di Carlo Zucchi.

Nel 1740 Piranesi, divenuto consapevole delle scarse possibilità lavorative che gli avrebbe offerto la capitale veneta, decise di lasciare la propria terra patria e di trasferirsi a Roma, partecipando in qualità di disegnatore alla spedizione diplomatica del nuovo ambasciatore della Serenissima Francesco Venier. Partito il 9 settembre, arrivò nell'Urbe entro il mese, all'età di soli venti anni, ottenendo un alloggio presso palazzo Venezia. Rivelando ben presto le proprie attitudini da disegnatore, dopo l'iniziale apprendistato con i pittori-scenografi Domenico e Giuseppe Valeriani e con Giovanni Battista Nolli, intorno al 1742 il Piranesi apprese i rudimenti dell'acquaforte sotto la guida di Giuseppe Vasi, titolare di una bottega calcografica che al tempo godeva a Roma di una certa popolarità. Sempre nell'Urbe, inoltre, Piranesi ebbe modo di stringersi in affettuosa amicizia con il conterraneo Antonio Corradini, con cui intorno al 1743 si recò a Napoli per studiare l'arte barocca e visitare gli scavi archeologici di Ercolano.

Ben presto Piranesi iniziò a palesare un commosso entusiasmo davanti allo spettacolo delle «parlanti ruine» dei Fori Imperiali, «che di simili non arrivai di potermene mai formare sopra i disegni, benché accuratissimi che di queste stesse ha fatto l’immortale Palladio, che io pur sempre mi teneva inanzi agli occhi». Questo interesse per le antichità romane è attestato dall'esecuzione nel 1743 della Prima parte di architetture e prospettive inventate e incise da Gio. Batta Piranesi architetto veneziano; per realizzare questa raccolta di dodici tavole, dove già si impone per le sue notevoli capacità tecniche, Piranesi si consultò con la ricca biblioteca di Nicola Giobbe, per intercessione del quale riuscì anche ad entrare in contatto con Luigi Vanvitelli e Nicola Salvi.

Piranesi effettuò un primo bilancio della sua carriera artistica tra il 1744 e il 1747, quando spinto dalla mancanza di riconoscimenti e dalle pressanti condizioni economiche fece temporaneamente ritorno a Venezia. In questo soggiorno, peraltro scarsamente documentato, Piranesi probabilmente volle riflettere su quanto appena compiuto dal punto di vista artistico, anche in vista di scelte future: fu, inoltre, in rapporto con Giovan Battista Tiepolo e con il Canaletto, i quali lasciarono un'impronta profonda sulla sua fantasia. Alla fine, il Piranesi decise di dedicarsi al mestiere di incisore e di stabilirsi definitivamente a Roma, aprendo bottega propria a via del Corso, di fronte all'Accademia di Francia:[1] si trattò di una scelta ben meditata, come osservato dallo studioso Henri Focillon che commentò: Accetta volutamente di essere un incisore perché capisce di poter realizzare così le sue ambizioni di architetto, archeologo e pittore.

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