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Vincenzo Cartari - Le Imagini De I Dei De Gli Antichi Nelle Quali Si Contengono gl'Idoli, Riti, ceremonie, & altre - 1587
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Vincenzo Cartari - Le Imagini De I Dei De Gli Antichi Nelle Quali Si Contengono gl'Idoli, Riti, ceremonie, & altre - 1587

Le Imagini De I Dei De Gli Antichi Nelle Quali Si Contengono gl'Idoli, Riti, ceremonie, & altre cose appartenenti alla Religione de gli Antichi, Raccolte dal Sig. Vincenzo Cartari, con la loro espositione, & con bellissime & accommodate figure nuovamente stampate. Et con molta diligenza riviste e ricorrette. Con Privilegio. Vincenzo Cartari Raro e Ottimo esemplare, pp. 461. 20 x 14,5 con tantissime illustrazioni nel testo L'autore, studioso di lettere classiche, pubblicò per la prima volta Le Imagini nel 1556, lo rielaborò più volte ma l'opera apparve, ampliata e corredata di figure solo nel 1571. Le illustrazioni, incise a Venezia da un artista della scuola dei grandi maestri veneziani (tra cui Tintoretto, Tiziano e Veronese) ebbero grande fortuna, e le incisioni vennero utilizzate come modello da numerosi artisti e influenzarono molte scuole. Proprio attraverso le immagini e il testo sono riconoscibili i simboli, gli emblemi e gli attributi degli Dèi secondo le descrizioni dei testi canonici della classicità, partendo da Omero fino agli ultimi testimoni del mondo romano, con particolari richiami alla Mitologia deorum gentilium del Boccaccio. Con le "Imagini degli dei degli antichi", pubblicate a Venezia nel 1556 e poi in più edizioni arricchite e illustrate, l’impegnato gentiluomo estense Vincenzo Cartari realizza il primo, fortunatissimo manuale mitografico italiano in lingua volgare, diffuso e tradotto in tutta l’Europa moderna. Cartari rimodula, secondo accenti divulgativi ma fedeli, fonti latine tradizionali: come le ricche "Genealogie deorum gentilium" di Giovanni Boccaccio, l’appena precedente "De deis gentium varia et multiplex historia" di Lilio Gregorio Giraldi, i curiosi "Fasti" ovidiani, da lui stesso commentati e tradotti. Soprattutto, però, introduce il patrimonio millenario di favole ed esegesi classiche, di aperture egiziane, mediorientali, sassoni, a una chiave di lettura inedita, agile e vitalissima: l’ecfrasi. Le divinità e i loro cortei di creature minori, aneddoti leggendari e attributi identificativi si susseguono secondo un taglio iconico e selettivo. Sfilano, in trionfi intrisi di raffinato petrarchismo neoplatonico e di emblematica picta poesis rinascimentale, soltanto gli aspetti figurabili e distintivi dei personaggi mitici: perché siano «raccontate interamente» tutte le cose attinenti alle figure antiche, «con le imagini quasi di tutti i dei, e le ragioni perché fossero così dipinti». Così, le "Imagini" incontrano il favore di lettori colti e cortigiani eleganti, di pittori e ceramisti, di poeti e artigiani. Allestiscono una sorta di «manuale d’uso» pronto all’inchiostro del poeta o al pennello dell’artista, una suggestiva raccolta di «libretti figurativi» ripresi tanto dalla maniera di Paolo Veronese o di Giorgio Vasari, quanto dal classicismo dei Carracci e di Nicolas Poussin. Si rivelano, infine, summa erudita capace di attirare appunti e revisioni: l’antiquario padovano Lorenzo Pignoria, nel 1615 e di nuovo nel 1626, vi aggiunge appendici archeologiche e comparatistiche, interessate al remoto regno dei faraoni quanto agli esotici idoli orientali e dei Nuovi Mondi.

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Le Imagini De I Dei De Gli Antichi Nelle Quali Si Contengono gl'Idoli, Riti, ceremonie, & altre cose appartenenti alla Religione de gli Antichi, Raccolte dal Sig. Vincenzo Cartari, con la loro espositione, & con bellissime & accommodate figure nuovamente stampate. Et con molta diligenza riviste e ricorrette. Con Privilegio.

Vincenzo Cartari

Raro e Ottimo esemplare, pp. 461. 20 x 14,5 con tantissime illustrazioni nel testo


L'autore, studioso di lettere classiche, pubblicò per la prima volta Le Imagini nel 1556, lo rielaborò più volte ma l'opera apparve, ampliata e corredata di figure solo nel 1571. Le illustrazioni, incise a Venezia da un artista della scuola dei grandi maestri veneziani (tra cui Tintoretto, Tiziano e Veronese) ebbero grande fortuna, e le incisioni vennero utilizzate come modello da numerosi artisti e influenzarono molte scuole. Proprio attraverso le immagini e il testo sono riconoscibili i simboli, gli emblemi e gli attributi degli Dèi secondo le descrizioni dei testi canonici della classicità, partendo da Omero fino agli ultimi testimoni del mondo romano, con particolari richiami alla Mitologia deorum gentilium del Boccaccio.


Con le "Imagini degli dei degli antichi", pubblicate a Venezia nel 1556 e poi in più edizioni arricchite e illustrate, l’impegnato gentiluomo estense Vincenzo Cartari realizza il primo, fortunatissimo manuale mitografico italiano in lingua volgare, diffuso e tradotto in tutta l’Europa moderna. Cartari rimodula, secondo accenti divulgativi ma fedeli, fonti latine tradizionali: come le ricche "Genealogie deorum gentilium" di Giovanni Boccaccio, l’appena precedente "De deis gentium varia et multiplex historia" di Lilio Gregorio Giraldi, i curiosi "Fasti" ovidiani, da lui stesso commentati e tradotti. Soprattutto, però, introduce il patrimonio millenario di favole ed esegesi classiche, di aperture egiziane, mediorientali, sassoni, a una chiave di lettura inedita, agile e vitalissima: l’ecfrasi. Le divinità e i loro cortei di creature minori, aneddoti leggendari e attributi identificativi si susseguono secondo un taglio iconico e selettivo. Sfilano, in trionfi intrisi di raffinato petrarchismo neoplatonico e di emblematica picta poesis rinascimentale, soltanto gli aspetti figurabili e distintivi dei personaggi mitici: perché siano «raccontate interamente» tutte le cose attinenti alle figure antiche, «con le imagini quasi di tutti i dei, e le ragioni perché fossero così dipinti». Così, le "Imagini" incontrano il favore di lettori colti e cortigiani eleganti, di pittori e ceramisti, di poeti e artigiani. Allestiscono una sorta di «manuale d’uso» pronto all’inchiostro del poeta o al pennello dell’artista, una suggestiva raccolta di «libretti figurativi» ripresi tanto dalla maniera di Paolo Veronese o di Giorgio Vasari, quanto dal classicismo dei Carracci e di Nicolas Poussin. Si rivelano, infine, summa erudita capace di attirare appunti e revisioni: l’antiquario padovano Lorenzo Pignoria, nel 1615 e di nuovo nel 1626, vi aggiunge appendici archeologiche e comparatistiche, interessate al remoto regno dei faraoni quanto agli esotici idoli orientali e dei Nuovi Mondi.

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