Gio Ponti - Domus 1928-1999 - 2006






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Domus 1928-1999 di Gio Ponti, fondamentale ristampa monumentale in dodici volumi Taschen con CD di indici, 7.000 pagine e 20.000 immagini, in inglese e italiano; prima edizione, 2006; in ottime condizioni.
Descrizione del venditore
Domus. 1928-1999. Monumentale ristampa antologica in dodici volumi + cd di indici. Volumi in ottimo stato (mai consultati) con minimi segni del tempo alle copertine. Dodici volumi, 7.000 pagine e 20.000 immagini (per 30 kg di peso!).
Domus è considerata la rivista di architettura e design più influente al mondo. Fondata nel 1928 dal grande architetto milanese Gio Ponti, l'obiettivo principale della rivista è sempre rimasto quello di offrire una prospettiva privilegiata per identificare lo stile di una particolare epoca, dall'Art Déco, al Movimento Moderno, al Funzionalismo e al Dopoguerra, fino al Pop, al Postmodernismo e al Tardo Moderno. Splendidamente progettata e ampiamente documentata, domus presenta pagina dopo pagina alcuni dei progetti di design e architettura più interessanti al mondo. La ristampa in dodici volumi di TASCHEN presenta una selezione di momenti salienti degli anni dal 1928 al 1999. Riproducendo le pagine così come apparivano originariamente, ogni volume è ricco di articoli che mettono in luce l'incredibile storia del design e dell'architettura moderni. Un lessico davvero completo di stili e movimenti, i volumi sono accompagnati da testi introduttivi appositamente commissionati che non solo delineano la storia della rivista, ma descrivono anche cosa stava accadendo nel design e nell'architettura durante ogni epoca trattata. Questi testi sono stati scritti da molti dei rinomati direttori della rivista: Mario Bellini, François Burkhardt, Cesare Maria Casati, Stefano Casciani, Germano Celant, Manolo De Giorgi, Fulvio Irace, Vittorio Magnago Lampugnani, Alessandro Mendini, Lisa Licitra Ponti, Ettore Sottsass Jr., Luigi Spinelli e Deyan Sudjic. I volumi sono inoltre accuratamente indicizzati, consentendo al lettore un facile accesso agli articoli chiave, molti dei quali sono stati tradotti in inglese per la prima volta. La collezione Domus di TASCHEN rappresenta un importante traguardo editoriale e un must per tutti gli istituti di insegnamento di design e architettura, architetti, designer, collezionisti, studenti e chiunque ami il design. Wallpaper Magazine Best Book Award Wallpaper*, la rivista di design e interni più in voga al mondo, ha conferito alla collezione Domus di TASCHEN il premio ""Best Books"". La giuria, composta da Ron Arad, Jane Birkin, Naoto Fukasawa, Matteo di Montezemolo, Ian Schrager e Viktor & Rolf, ha scelto la collana Domus come uno dei sei migliori libri del 2007. Non potremmo pensare a un riconoscimento migliore! Gio Ponti: Fondatore e direttore storico.
Alessandro Mendini, Mario Bellini, Vittorio Magnago, Fulvio Irace, Italo Lupi: Direttori recenti che hanno segnato la rivista.
Architetti e Studi Internazionali Presenti: Bjarke Ingels, Norman Foster, Steven Holl, Tadao Ando, Jean Nouvel, David Chipperfield, Rem Koolhaas (OMA), Atelier Kempe Thill, Atelier Masōmi, Ateliers Jean Nouvel. David Chipperfield, Michele De Lucchi, Christo e Jeanne-Claude, Gropius, Renzo Piano, Luigi Caccia Dominioni, Franco Albini, Vico Magistretti, Pietro Derossi, Agnoldomenico Pica, Portaluppi, Banfi, Belgioioso, Peressutti, Rogers, Gio Ponti, Carlo Mollino, Franco Albini, Osvaldo Borsani, Piero Fornasetti, Ettore Sottsass, Achille Castiglioni, Vico Magistretti, Gae Aulenti, Afra e Tobia Scarpa, Mario Bellini, Enzo Mari, Bruno Munari.
Giovanni Ponti, detto Gio[1] (Milano, 18 novembre 1891 – Milano, 16 settembre 1979), è stato un architetto e designer italiano fra i più importanti del dopoguerra[1].
Biografia
«Gli italiani sono nati per costruire. Costruire è carattere della loro razza, forma della loro mente, vocazione ed impegno del loro destino, espressione della loro esistenza, segno supremo ed immortale della loro storia.»
(Gio Ponti, Vocazione architettonica degli italiani, 1940)
Figlio di Enrico Ponti e di Giovanna Rigone, Gio Ponti si laureò in architettura presso l'allora Regio Istituto Tecnico Superiore (il futuro Politecnico di Milano) nel 1921, dopo aver sospeso gli studi durante la sua partecipazione alla prima guerra mondiale. Nello stesso anno si sposò con la nobile Giulia Vimercati, di antica famiglia brianzola, da cui ebbe quattro figli (Lisa, Giovanna, Letizia e Giulio)[2].
Anni venti e trenta
Casa Marmont a Milano, 1934
Il palazzo Montecatini a Milano, 1938
Inizialmente, nel 1921, aprì uno studio assieme gli architetti Mino Fiocchi ed Emilio Lancia (1926-1933), per poi passare alla collaborazione con gli ingegneri Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (1933-1945). Nel 1923 partecipò alla I Biennale delle arti decorative tenutasi all'ISIA di Monza e successivamente fu coinvolto nella organizzazione delle varie Triennali, sia a Monza che a Milano.
Negli anni venti avviò la sua attività di designer all'industria ceramica Richard-Ginori, rielaborando complessivamente la strategia di disegno industriale della società; con le sue ceramiche vinse il "Grand Prix" all'Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi del 1925[3]. In quegli anni, la sua produzione fu improntata più ai temi classici reinterpretati in chiave déco, mostrandosi più vicino al movimento Novecento, esponente del razionalismo[4]. Sempre negli stessi anni iniziò anche la sua attività editoriale: nel 1928 fondò la rivista Domus, testata che diresse fino alla sua morte, eccetto che nel periodo 1941-1948 in cui fu direttore di Stile[4]. Assieme a Casabella, Domus rappresenterà il centro del dibattito culturale dell'architettura e del design italiani della seconda metà del Novecento[5].
Servizio da caffè "Barbara" disegnato da Ponti per Richard Ginori nel 1930
L'attività di Ponti negli anni trenta si estese all'organizzazione della V Triennale di Milano (1933) e alla realizzazione di scene e costumi per il Teatro alla Scala[6]. Partecipò all'Associazione del Disegno Industriale (ADI) e fu tra i sostenitori del premio Compasso d'oro, promosso dai magazzini La Rinascente[7]. Ricevette tra l'altro numerosi premi sia nazionali che internazionali, diventando infine professore di ruolo alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano nel 1936, cattedra che manterrà sino al 1961[senza fonte]. Nel 1934 l'Accademia d'Italia gli conferì il "premio Mussolini" per le arti[8].
Nel 1937 incaricò Giuseppe Cesetti di eseguire un pavimento in ceramica di vaste dimensioni, esposto alla Mostra Universale di Parigi, in una sala dove erano anche opere di Gino Severini e Massimo Campigli.
Anni quaranta e cinquanta
Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, Ponti fonda la rivista di architettura e design del regime fascista STILE. Nella rivista di chiaro supporto all'asse Roma-Berlino, Ponti non manca di scrivere nei suoi editoriali commenti come "Nel dopoguerra spettano all'Italia compiti grandissimi ...nei rapporti della sua esemplare alleata, la Germania", "i nostri grandi alleati [Germania nazista] ci danno un esempio di applicazione tenace, serissima, organizzata e ordinata" (da Stile, Agosto 1941, pag. 3). Stile durerà pochi anni e chiuderà dopo l'Invasione d'Italia anglo-americana e la sconfitta dell'Asse Italo-tedesco. Nel 1948, Ponti riapre la rivista Domus, dove rimarrà come editore fino alla sua morte.
Nel 1951, si unì allo studio insieme a Fornaroli, l'architetto Alberto Rosselli[9]. Nel 1952 costituisce con l'architetto Alberto Rosselli lo studio Ponti-Fornaroli-Rosselli[10]. Qui iniziò il periodo di più intensa e feconda attività sia nell'architettura che nel design, abbandonando i frequenti riallacci al passato neoclassico e puntando su idee più innovative.
Anni sessanta e settanta
Fra il 1966 ed il 1968 collaborò con l'impresa di produzione Ceramica Franco Pozzi di Gallarate[senza fonte].
Il Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma conserva un Fondo dedicato a Gio Ponti, consistente in 16.512 schizzi e disegni, 73 plastici e maquettes. L'archivio Ponti[10] è stato donato dagli eredi dell'architetto (donatori Anna Giovanna Ponti, Letizia Ponti, Salvatore Licitra, Matteo Licitra, Giulio Ponti) nel 1982. Questo fondo, il cui materiale progettuale documenta le opere realizzate dal designer milanese dagli anni Venti agli anni Settanta, è pubblico e consultabile.
Gio Ponti morì a Milano nel 1979: riposa al cimitero monumentale di Milano[11]. Il suo nome ha meritato l'iscrizione al famedio del medesimo cimitero[12].
Stile
Gio Ponti ha disegnato moltissimi oggetti nei più svariati campi, dalle scenografie teatrali, alle lampade, alle sedie, agli oggetti da cucina, agli interni di transatlantici[13]. Inizialmente nell'arte delle ceramiche il suo disegno rifletteva la Secessione viennese[senza fonte] e sosteneva che decorazione tradizionale e arte moderna non fossero incompatibili. Il suo riallacciarsi e utilizzare i valori del passato trovò sostenitori nel regime fascista, incline alla salvaguardia della "identità italiana" e al recupero degli ideali della "romanità",[senza fonte] che si espresse poi compiutamente in architettura con il neoclassicismo semplificato del Piacentini.
Macchina da caffè La Pavoni, progettata da Ponti nel 1948
Nel 1950 Ponti cominciò a impegnarsi nella progettazione di "pareti attrezzate", ovvero intere pareti prefabbricate che permettevano di soddisfare diversi bisogni, integrando in un unico sistema apparecchi e attrezzature fino ad allora autonome. Ricordiamo Ponti anche per il progetto della seduta "Superleggera" del 1955 (prod. Cassina)[14], realizzata partendo da un oggetto già esistente e di solito prodotto artigianalmente: la Sedia di Chiavari[15], migliorato in materiali e prestazioni.
Nonostante questo, Ponti realizzerà nella Città universitaria di Roma nel 1934 la Scuola di Matematica[16] (una delle prime opere del Razionalismo italiano) e nel 1936 il primo degli edifici per uffici della Montecatini a Milano. Quest'ultimo, a caratteri fortemente personali, risente nei particolari architettonici, di ricercata eleganza, della vocazione di designer del progettista.
Negli anni cinquanta, lo stile di Ponti si fece più innovativo[17] e, pur rimanendo classicheggiante nel secondo palazzo per uffici della Montecatini (1951), si espresse pienamente nel suo edificio più significativo: il Grattacielo Pirelli in Piazza Duca d'Aosta a Milano (1955-1958)[18]. L'opera fu costruita intorno a una struttura centrale progettata da Nervi (127,1 metri). L'edificio appare come una slanciata e armoniosa lastra di cristallo[19], che taglia lo spazio architettonico del cielo, disegnata su un equilibrato curtain wall e i cui lati lunghi si restringono in quasi due linee verticali. Quest'opera anche con il suo carattere di "eccellenza" appartiene a buon diritto al Movimento Moderno in Italia[20].
Domus. 1928-1999. Monumentale ristampa antologica in dodici volumi + cd di indici. Volumi in ottimo stato (mai consultati) con minimi segni del tempo alle copertine. Dodici volumi, 7.000 pagine e 20.000 immagini (per 30 kg di peso!).
Domus è considerata la rivista di architettura e design più influente al mondo. Fondata nel 1928 dal grande architetto milanese Gio Ponti, l'obiettivo principale della rivista è sempre rimasto quello di offrire una prospettiva privilegiata per identificare lo stile di una particolare epoca, dall'Art Déco, al Movimento Moderno, al Funzionalismo e al Dopoguerra, fino al Pop, al Postmodernismo e al Tardo Moderno. Splendidamente progettata e ampiamente documentata, domus presenta pagina dopo pagina alcuni dei progetti di design e architettura più interessanti al mondo. La ristampa in dodici volumi di TASCHEN presenta una selezione di momenti salienti degli anni dal 1928 al 1999. Riproducendo le pagine così come apparivano originariamente, ogni volume è ricco di articoli che mettono in luce l'incredibile storia del design e dell'architettura moderni. Un lessico davvero completo di stili e movimenti, i volumi sono accompagnati da testi introduttivi appositamente commissionati che non solo delineano la storia della rivista, ma descrivono anche cosa stava accadendo nel design e nell'architettura durante ogni epoca trattata. Questi testi sono stati scritti da molti dei rinomati direttori della rivista: Mario Bellini, François Burkhardt, Cesare Maria Casati, Stefano Casciani, Germano Celant, Manolo De Giorgi, Fulvio Irace, Vittorio Magnago Lampugnani, Alessandro Mendini, Lisa Licitra Ponti, Ettore Sottsass Jr., Luigi Spinelli e Deyan Sudjic. I volumi sono inoltre accuratamente indicizzati, consentendo al lettore un facile accesso agli articoli chiave, molti dei quali sono stati tradotti in inglese per la prima volta. La collezione Domus di TASCHEN rappresenta un importante traguardo editoriale e un must per tutti gli istituti di insegnamento di design e architettura, architetti, designer, collezionisti, studenti e chiunque ami il design. Wallpaper Magazine Best Book Award Wallpaper*, la rivista di design e interni più in voga al mondo, ha conferito alla collezione Domus di TASCHEN il premio ""Best Books"". La giuria, composta da Ron Arad, Jane Birkin, Naoto Fukasawa, Matteo di Montezemolo, Ian Schrager e Viktor & Rolf, ha scelto la collana Domus come uno dei sei migliori libri del 2007. Non potremmo pensare a un riconoscimento migliore! Gio Ponti: Fondatore e direttore storico.
Alessandro Mendini, Mario Bellini, Vittorio Magnago, Fulvio Irace, Italo Lupi: Direttori recenti che hanno segnato la rivista.
Architetti e Studi Internazionali Presenti: Bjarke Ingels, Norman Foster, Steven Holl, Tadao Ando, Jean Nouvel, David Chipperfield, Rem Koolhaas (OMA), Atelier Kempe Thill, Atelier Masōmi, Ateliers Jean Nouvel. David Chipperfield, Michele De Lucchi, Christo e Jeanne-Claude, Gropius, Renzo Piano, Luigi Caccia Dominioni, Franco Albini, Vico Magistretti, Pietro Derossi, Agnoldomenico Pica, Portaluppi, Banfi, Belgioioso, Peressutti, Rogers, Gio Ponti, Carlo Mollino, Franco Albini, Osvaldo Borsani, Piero Fornasetti, Ettore Sottsass, Achille Castiglioni, Vico Magistretti, Gae Aulenti, Afra e Tobia Scarpa, Mario Bellini, Enzo Mari, Bruno Munari.
Giovanni Ponti, detto Gio[1] (Milano, 18 novembre 1891 – Milano, 16 settembre 1979), è stato un architetto e designer italiano fra i più importanti del dopoguerra[1].
Biografia
«Gli italiani sono nati per costruire. Costruire è carattere della loro razza, forma della loro mente, vocazione ed impegno del loro destino, espressione della loro esistenza, segno supremo ed immortale della loro storia.»
(Gio Ponti, Vocazione architettonica degli italiani, 1940)
Figlio di Enrico Ponti e di Giovanna Rigone, Gio Ponti si laureò in architettura presso l'allora Regio Istituto Tecnico Superiore (il futuro Politecnico di Milano) nel 1921, dopo aver sospeso gli studi durante la sua partecipazione alla prima guerra mondiale. Nello stesso anno si sposò con la nobile Giulia Vimercati, di antica famiglia brianzola, da cui ebbe quattro figli (Lisa, Giovanna, Letizia e Giulio)[2].
Anni venti e trenta
Casa Marmont a Milano, 1934
Il palazzo Montecatini a Milano, 1938
Inizialmente, nel 1921, aprì uno studio assieme gli architetti Mino Fiocchi ed Emilio Lancia (1926-1933), per poi passare alla collaborazione con gli ingegneri Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (1933-1945). Nel 1923 partecipò alla I Biennale delle arti decorative tenutasi all'ISIA di Monza e successivamente fu coinvolto nella organizzazione delle varie Triennali, sia a Monza che a Milano.
Negli anni venti avviò la sua attività di designer all'industria ceramica Richard-Ginori, rielaborando complessivamente la strategia di disegno industriale della società; con le sue ceramiche vinse il "Grand Prix" all'Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi del 1925[3]. In quegli anni, la sua produzione fu improntata più ai temi classici reinterpretati in chiave déco, mostrandosi più vicino al movimento Novecento, esponente del razionalismo[4]. Sempre negli stessi anni iniziò anche la sua attività editoriale: nel 1928 fondò la rivista Domus, testata che diresse fino alla sua morte, eccetto che nel periodo 1941-1948 in cui fu direttore di Stile[4]. Assieme a Casabella, Domus rappresenterà il centro del dibattito culturale dell'architettura e del design italiani della seconda metà del Novecento[5].
Servizio da caffè "Barbara" disegnato da Ponti per Richard Ginori nel 1930
L'attività di Ponti negli anni trenta si estese all'organizzazione della V Triennale di Milano (1933) e alla realizzazione di scene e costumi per il Teatro alla Scala[6]. Partecipò all'Associazione del Disegno Industriale (ADI) e fu tra i sostenitori del premio Compasso d'oro, promosso dai magazzini La Rinascente[7]. Ricevette tra l'altro numerosi premi sia nazionali che internazionali, diventando infine professore di ruolo alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano nel 1936, cattedra che manterrà sino al 1961[senza fonte]. Nel 1934 l'Accademia d'Italia gli conferì il "premio Mussolini" per le arti[8].
Nel 1937 incaricò Giuseppe Cesetti di eseguire un pavimento in ceramica di vaste dimensioni, esposto alla Mostra Universale di Parigi, in una sala dove erano anche opere di Gino Severini e Massimo Campigli.
Anni quaranta e cinquanta
Nel 1941, durante la seconda guerra mondiale, Ponti fonda la rivista di architettura e design del regime fascista STILE. Nella rivista di chiaro supporto all'asse Roma-Berlino, Ponti non manca di scrivere nei suoi editoriali commenti come "Nel dopoguerra spettano all'Italia compiti grandissimi ...nei rapporti della sua esemplare alleata, la Germania", "i nostri grandi alleati [Germania nazista] ci danno un esempio di applicazione tenace, serissima, organizzata e ordinata" (da Stile, Agosto 1941, pag. 3). Stile durerà pochi anni e chiuderà dopo l'Invasione d'Italia anglo-americana e la sconfitta dell'Asse Italo-tedesco. Nel 1948, Ponti riapre la rivista Domus, dove rimarrà come editore fino alla sua morte.
Nel 1951, si unì allo studio insieme a Fornaroli, l'architetto Alberto Rosselli[9]. Nel 1952 costituisce con l'architetto Alberto Rosselli lo studio Ponti-Fornaroli-Rosselli[10]. Qui iniziò il periodo di più intensa e feconda attività sia nell'architettura che nel design, abbandonando i frequenti riallacci al passato neoclassico e puntando su idee più innovative.
Anni sessanta e settanta
Fra il 1966 ed il 1968 collaborò con l'impresa di produzione Ceramica Franco Pozzi di Gallarate[senza fonte].
Il Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma conserva un Fondo dedicato a Gio Ponti, consistente in 16.512 schizzi e disegni, 73 plastici e maquettes. L'archivio Ponti[10] è stato donato dagli eredi dell'architetto (donatori Anna Giovanna Ponti, Letizia Ponti, Salvatore Licitra, Matteo Licitra, Giulio Ponti) nel 1982. Questo fondo, il cui materiale progettuale documenta le opere realizzate dal designer milanese dagli anni Venti agli anni Settanta, è pubblico e consultabile.
Gio Ponti morì a Milano nel 1979: riposa al cimitero monumentale di Milano[11]. Il suo nome ha meritato l'iscrizione al famedio del medesimo cimitero[12].
Stile
Gio Ponti ha disegnato moltissimi oggetti nei più svariati campi, dalle scenografie teatrali, alle lampade, alle sedie, agli oggetti da cucina, agli interni di transatlantici[13]. Inizialmente nell'arte delle ceramiche il suo disegno rifletteva la Secessione viennese[senza fonte] e sosteneva che decorazione tradizionale e arte moderna non fossero incompatibili. Il suo riallacciarsi e utilizzare i valori del passato trovò sostenitori nel regime fascista, incline alla salvaguardia della "identità italiana" e al recupero degli ideali della "romanità",[senza fonte] che si espresse poi compiutamente in architettura con il neoclassicismo semplificato del Piacentini.
Macchina da caffè La Pavoni, progettata da Ponti nel 1948
Nel 1950 Ponti cominciò a impegnarsi nella progettazione di "pareti attrezzate", ovvero intere pareti prefabbricate che permettevano di soddisfare diversi bisogni, integrando in un unico sistema apparecchi e attrezzature fino ad allora autonome. Ricordiamo Ponti anche per il progetto della seduta "Superleggera" del 1955 (prod. Cassina)[14], realizzata partendo da un oggetto già esistente e di solito prodotto artigianalmente: la Sedia di Chiavari[15], migliorato in materiali e prestazioni.
Nonostante questo, Ponti realizzerà nella Città universitaria di Roma nel 1934 la Scuola di Matematica[16] (una delle prime opere del Razionalismo italiano) e nel 1936 il primo degli edifici per uffici della Montecatini a Milano. Quest'ultimo, a caratteri fortemente personali, risente nei particolari architettonici, di ricercata eleganza, della vocazione di designer del progettista.
Negli anni cinquanta, lo stile di Ponti si fece più innovativo[17] e, pur rimanendo classicheggiante nel secondo palazzo per uffici della Montecatini (1951), si espresse pienamente nel suo edificio più significativo: il Grattacielo Pirelli in Piazza Duca d'Aosta a Milano (1955-1958)[18]. L'opera fu costruita intorno a una struttura centrale progettata da Nervi (127,1 metri). L'edificio appare come una slanciata e armoniosa lastra di cristallo[19], che taglia lo spazio architettonico del cielo, disegnata su un equilibrato curtain wall e i cui lati lunghi si restringono in quasi due linee verticali. Quest'opera anche con il suo carattere di "eccellenza" appartiene a buon diritto al Movimento Moderno in Italia[20].
