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Bernard Aubertin (1934-2015) - Tableau Clous
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Bernard Aubertin (1934-2015) - Tableau Clous

Opera rarissima e di straordinaria importanza storica. Questo Tableau Clous del 1960 è un capolavoro di Bernard Aubertin, realizzato in un momento cruciale della sua carriera: l’inizio della sperimentazione con il monocromo rosso e l’utilizzo del chiodo come elemento concettuale e materico. Si tratta di una delle primissime opere da lui eseguite che dimostra la sua ricerca sulla forma, sul gesto e sulla distruzione dell’immagine pittorica tradizionale. L’opera presenta una tavola di legno spessa ed irregolare, un fittissimo agglomerato di chiodi tutti con la punta rivolta verso il basso (non verso l’alto, laterali o inclinati come nelle opere successive), e un rosso opaco e profondo, ottenuto con materiali non acrilici, segno della sua fase iniziale più cruda e concettualmente intensa. Questo lavoro anticipa molte delle caratteristiche tipiche dei Tableau Clous degli anni successivi, ma ne conserva la forza originaria, il carattere sperimentale la forza materica. E’ un’opera autenticamente “ZERO”, figlia di un contesto culturale in cui Aubertin si avvicina a Manzoni, Castellani, Mack e altri protagonisti del rinnovamento artistico europeo. Si tratta di un’opera davvero unica sul mercato per: - Anno: è proprio nel 1960 che Aubertin realizza i primissimi Tableau Clous, opere in cui la superficie pittorica viene completamente trasformata dalla presenza di una fitta griglia di chiodi. In quello stesso anno, Aubertin inizia a frequentare l’ambiente milanese di Piero Manzoni e Lucio Fontana e ad entrare in contatto con Otto Piene, Heinz Mack e Gunther Uecker, futuri fondatori del movimento ZERO, al quale poi aderirà pienamente. - Tecnica di esecuzione estremamente materica e tridimensionale: chiodi infissi in verticale con la punta rivolta verso il basso ed utilizzo del pigmento rosso opaco sia sopra i chiodi che tra gli stessi, dando forza, intensità e densità ad un’opera museale; a differenza delle opere realizzate da Aubertin a partire dalla seconda metà degli anni ’60, dove predomina l’uso di acrilici lucidi dal forte impatto ottico e riflettente, questo Tableau Clous del 1960 è stato eseguito con un pigmento rosso opaco, denso e assorbente, steso in modo da esaltare la matericità della superficie e dei chiodi. Questa scelta non è soltanto tecnica ma profondamente concettuale: il rosso opaco non riflette la luce, ma la assorbe, rafforzando l’idea di silenzio, rigore e tensione spirituale che Aubertin cercava in questa primissima fase della sua produzione artistica. In questo senso, l’opacità diventa parte integrante del linguaggio artistico: rinuncia all’effetto per esaltare il concetto. - Materiali utilizzati: tavola di legno irregolare e di spessore rilevante, non ancora standardizzata come nelle produzioni successive di fine anni ’60 e primi anni ’70: questo dettaglio, apparentemente secondario, è in realtà un forte indicatore cronologico. Le prime opere appartenenti al ciclo dei “Tableau Clous” venivano infatti costruite con materiali poveri e di recupero, a mano, con un approccio più artigianale e diretto rispetto alla serialità che Aubertin sperimenterà alla fine degli anni ’60 e nei primi anni ’70. Il rosso opaco, unito all’utilizzo di una tavola grezza ed irregolare e ai chiodi infissi con elevatissima densità conferisce all’opera una grande forza concettuale, arcaica e, al tempo stesso, estremamente contemporanea. Le opere del 1960 come questa sono oggi rarissime sul mercato e di grande interesse museale e collezionistico poiché incarnano l’origine del linguaggio radicale e inconfondibile di Bernard Aubertin, che influenzerà profondamente la ricerca visiva europea negli anni Sessanta e Settanta.

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Bernard Aubertin (1934-2015) - Tableau Clous

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Opera rarissima e di straordinaria importanza storica.

Questo Tableau Clous del 1960 è un capolavoro di Bernard Aubertin, realizzato in un momento cruciale della sua carriera: l’inizio della sperimentazione con il monocromo rosso e l’utilizzo del chiodo come elemento concettuale e materico. Si tratta di una delle primissime opere da lui eseguite che dimostra la sua ricerca sulla forma, sul gesto e sulla distruzione dell’immagine pittorica tradizionale.

L’opera presenta una tavola di legno spessa ed irregolare, un fittissimo agglomerato di chiodi tutti con la punta rivolta verso il basso (non verso l’alto, laterali o inclinati come nelle opere successive), e un rosso opaco e profondo, ottenuto con materiali non acrilici, segno della sua fase iniziale più cruda e concettualmente intensa.
Questo lavoro anticipa molte delle caratteristiche tipiche dei Tableau Clous degli anni successivi, ma ne conserva la forza originaria, il carattere sperimentale la forza materica. E’ un’opera autenticamente “ZERO”, figlia di un contesto culturale in cui Aubertin si avvicina a Manzoni, Castellani, Mack e altri protagonisti del rinnovamento artistico europeo.

Si tratta di un’opera davvero unica sul mercato per:

- Anno: è proprio nel 1960 che Aubertin realizza i primissimi Tableau Clous, opere in cui la superficie pittorica viene completamente trasformata dalla presenza di una fitta griglia di chiodi. In quello stesso anno, Aubertin inizia a frequentare l’ambiente milanese di Piero Manzoni e Lucio Fontana e ad entrare in contatto con Otto Piene, Heinz Mack e Gunther Uecker, futuri fondatori del movimento ZERO, al quale poi aderirà pienamente.

- Tecnica di esecuzione estremamente materica e tridimensionale: chiodi infissi in verticale con la punta rivolta verso il basso ed utilizzo del pigmento rosso opaco sia sopra i chiodi che tra gli stessi, dando forza, intensità e densità ad un’opera museale; a differenza delle opere realizzate da Aubertin a partire dalla seconda metà degli anni ’60, dove predomina l’uso di acrilici lucidi dal forte impatto ottico e riflettente, questo Tableau Clous del 1960 è stato eseguito con un pigmento rosso opaco, denso e assorbente, steso in modo da esaltare la matericità della superficie e dei chiodi. Questa scelta non è soltanto tecnica ma profondamente concettuale: il rosso opaco non riflette la luce, ma la assorbe, rafforzando l’idea di silenzio, rigore e tensione spirituale che Aubertin cercava in questa primissima fase della sua produzione artistica. In questo senso, l’opacità diventa parte integrante del linguaggio artistico: rinuncia all’effetto per esaltare il concetto.

- Materiali utilizzati: tavola di legno irregolare e di spessore rilevante, non ancora standardizzata come nelle produzioni successive di fine anni ’60 e primi anni ’70: questo dettaglio, apparentemente secondario, è in realtà un forte indicatore cronologico. Le prime opere appartenenti al ciclo dei “Tableau Clous” venivano infatti costruite con materiali poveri e di recupero, a mano, con un approccio più artigianale e diretto rispetto alla serialità che Aubertin sperimenterà alla fine degli anni ’60 e nei primi anni ’70.

Il rosso opaco, unito all’utilizzo di una tavola grezza ed irregolare e ai chiodi infissi con elevatissima densità conferisce all’opera una grande forza concettuale, arcaica e, al tempo stesso, estremamente contemporanea.

Le opere del 1960 come questa sono oggi rarissime sul mercato e di grande interesse museale e collezionistico poiché incarnano l’origine del linguaggio radicale e inconfondibile di Bernard Aubertin, che influenzerà profondamente la ricerca visiva europea negli anni Sessanta e Settanta.

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