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Dionysius - [Incunable] De Situ Orbis - 1498
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Dionysius - [Incunable] De Situ Orbis - 1498
INCUNABLE - MARI, PAESI E ISOLE - L'ANTICA GEOGRAFIA DEL MONDO
Dionisius descrive la geografia del mondo conosciuto in circa 1.200 eleganti esametri scritti in uno stile conciso ed elegante. Il De situ orbis intraprende un resoconto del mondo conosciuto con i suoi mari, paesi e isole. Durante il Rinascimento, divenne piuttosto popolare, senza dubbio a causa dell'interesse degli umanisti per i testi antichi appena pubblicati e del crescente interesse per la geografia mentre circolavano i rapporti sulla scoperta di nuove terre ". Questa è la terza edizione latina della descrizione del mondo conosciuto dell'autore greco, scritta probabilmente intorno al 120 d.C., principalmente dopo Eratostene (275-194 a.C. circa), tenendo poco conto delle scoperte successive. L'elenco delle "Insulae Asiae seu provinciae" in h2 verso e h3 recto include "Serica" e "Sine".
IGI 3490; BMC V472; GW 8428; Gasparrini Leporace, Firenze, Olschki… 1954, al n.238; Goff D-255; GKW 8428; Hain-Cop. 6229; Pellechet 4295; Löwendahl: China illustrata nova. Supplemento, 1554. GW 8428
IN VENDITA ONLINE A EUR 4.733,00
CONDITION REPORT
Legatura in piena pergamena. Segnatura: a-h4, 29 righe, carattere romano, marginalia stampati, spazi iniziali da 4 a 8 righe con guide stampate e iniziali rubricate da mano successiva. Aggiunta su carta antica una riproduzione della Mappa del mondo in xilografia a piena pagina su proiezione tolemaica a forma di cono con bordo architettonico e testo stampato in corsivo. Bell’esemplare. 32 carte, ultima bianca.
FULL TITLES & AUTHORS
De Situ Orbis
Venetiis: Christoferum de pensis dictum Mandello, 1498
Dionysius Periegetes
CONTENTS
Un capolavoro della letteratura geografica antica, il De situ orbis di Dionigi il Periegeta offre una descrizione del mondo conosciuto in circa 1.200 eleganti esametri. Questa terza edizione latina, pubblicata a Venezia nel 1498 da Christoferum de Pensis, rappresenta un raffinato esempio di come il sapere geografico dell’epoca classica fosse riscoperto e valorizzato dagli umanisti rinascimentali. L'opera, basata sulle conoscenze di Eratostene e altre fonti ellenistiche, divide il mondo in Europa, Asia e Libia (Africa), con un'attenzione particolare alle isole e ai mari.
Dionigi il Periegeta o Dionisio il Periegeta (in greco antico: Διονύσιος ὁ Περιηγητής?, Dionýsios ho Periēghētés; Alessandria d'Egitto, 55 d.C. circa – dopo il 115 d.C.) è stato un poeta greco antico. Dionigi il Periegeta fu un poeta didascalico, di cui abbiamo varie biografie.
Quello che è meglio rappresentata nella tradizione manoscritta è la Vita Parisina, conservata dai più antichi testimoni, in cui viene indicato come figlio di Dionisio o Dioneː questa Vita è stata tradotta in latino da Pomponio Leto. La Vita Chisiana, poi, è la più dettagliata e risale almeno al IV sec. Suda, infine, pone l'attività di Dionigi sotto il regno di Nerone. Si crede, a partire dall'Ottocento, che avesse scritto intorno al 124 una Periegesi della Terra, poemetto in 1187 esametri di gusto tardoellenistico.
Periegesi della Terra
L'opera appare suddivisa in due parti: la prima dedicata alla descrizione della terra, dell'Oceano e dei mari; la seconda parte alla descrizione del mondo conosciuto, suddiviso nei tre continenti Europa, Libia (cioè Africa) e Asia con le isole. La redazione del poemetto non sembra essere frutto di originali ricerche quanto, piuttosto, una sintesi di notizie ed informazioni tratte da diverse fonti: ciò costituisce un limite all'opera, specie in alcune parti, ma fa anche di essa un repertorio di notazioni da fonti altrimenti a noi sconosciute; tra le fonti geografiche è certamente Posidonio di Apamea, da cui dipende direttamente o indirettamente.
Il libro, i cui modelli stilistici sono Callimaco e Apollonio Rodio, fu usato nelle scuole per la sua esposizione ordinata. Il poemetto fu, poi, parafrasato in 1393 esametri latini da Avieno nel IV sec. d.C. e ritradotto da Prisciano in 1087 esametri nel secolo successivo. Nel XII secolo, l'intellettuale e arcivescovo bizantino Eustazio di Tessalonica ne scrisse un commento.
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