In questa piccola tavola di 25x25 cm, la rondine non è figura, ma impulso: una fenditura luminosa che attraversa lo spazio come un presagio. Il gesto, denso e vivo, sembra affiorare dalla superficie come un battito improvviso, un lampo di percezione che si incarna nella materia prima ancora di diventare forma compiuta. Lo stucco, steso in campiture irregolari e vibrazioni lievi, crea un paesaggio tattile: una trama sospesa tra cielo e memoria, dove il bianco non è vuoto ma respiro trattenuto. Su questo suolo mosso l’acrilico si posa come un’impronta incandescente, una traccia che lascia intendere movimento, direzione, slancio. La rondine, ridotta all’essenza del suo volo, non descrive ma evoca. È un segno che sembra muoversi davvero, che taglia la superficie con un’energia ferma e rituale, come se portasse con sé il ricordo di un vento lontano. Nell’incontro tra materia ruvida e colore pulsante, l’opera diventa un luogo sensoriale: un varco dove il gesto pittorico si fa sensazione, e la sensazione diventa eco di qualcosa che sfiora i confini dell’intangibile. Non c’è figurazione, c’è presenza. Non c’è rumore, c’è un sussurro in volo.